Formazione

Servizio civile, al Nord uno su quattro lascia Il 26% dei selezionati al Settentrione non conclude l’anno. Ma chi rimane restasoddisfatto dell’esperienza. E aumenta la presenza degli uomini di Stefano Arduini

rapporto Cnesc I dati inediti sull'abbandono

di Redazione

Si accende una luce sul fenomeno dell’abbandono del servizio civile. Per la prima volta infatti, il IX Rapporto della Cnesc – Conferenza nazionale enti di servizio civile dà i contorni di un fenomeno rimasto fino ad ora indefinito. A livello nazionale le rinunce ammontano al 6% sul totale dei giovani selezionati. A questi vanno aggiunti i volontari che interrompono il servizio, che sono l’11% del totale. Il dato però è disomogeneo. Mentre al Sud i tassi sono fisiologici (3,6% di rinunce e 8% di interruzioni), al Nord il fenomeno è decisamente più consistente. Nel Nord – Ovest e nel Nord – Est rinunciano rispettivamente 8,3 e 9,4 giovani su 100. E abbandonano il 19 e il 15% dei selezionati. Al Settentrione, quindi, ogni cento giovani ammessi, 26 non incominciano nemmeno o non concludono l’anno di servizio. Questo non significa automaticamente che quei posti rimangano vacanti. Come ricorda Paolo Canino, il ricercatore dell’Irs che ha curato l’indagine, «a termini di legge sarebbe possibile sostituire sia i volontari che non entrano in servizio, sia quelli che vi rimangono per non più di tre mesi». La tendenza però ha messo in allarme anche l’Ufficio nazionale, che ha affidato proprio all’Irs la redazione di un rapporto sull’abbandono. «Non abbiamo ancora concluso lo studio, ma i dati sui volontari impegnati negli enti della Cnesc segnano comunque una linea di tendenza affidabile».
Il servizio civile intanto si tinge sempre più d’azzurro. Mentre nel bando di maggio 2005 i maschi rappresentavano un volontario su quattro (esattamente il 26,5%), nel settembre 2006 sono stati il 33,9%.
Il quadro rimane invece sostanzialmente stabile sul fronte della soddisfazione dei ragazzi (in una scala da uno a dieci, il servizio civile si merita un bell’8), almeno per quelli che lo svolgono all’interno dei progetti elaborati dagli enti della Confederazione. Ma irrisolti restano anche i nodi del sistema. L’indifinitezza dei ruoli e delle mansioni (indicata nel 34% dei casi) e la mancata corrispondenza fra quanto previsto dal progetto e quanto poi effettivamente svolto (21%) sono agli occhi dei giovani intervistati due falle persistenti del sistema.
Il rapporto infine apre il dibattito sulla selezione all’ingresso del sistema. «A parità di condizioni iniziali il servizio civile si conferma un formidabile volano per accrescere l’interesse dei giovani per il volontariato e l’impegno politico», ricorda Canino. È però vero anche che chi ha potuto svolgere il servizio civile nel 2004 ha un’età media più elevata, è spesso residente nel Centro – Nord, laureato ed occupato. Fra i non ammessi invece prevalgono i ragazzi del Sud, diplomati e disoccupati. La forbice “di classe” insomma si allarga. Canino lancia una proposta: «Coinvolgere più giovani riducendo il periodo di servizio».


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