Non profit

Servizio civile, adesso però non chiamatelo più “universale”

Nella Consulta di ieri il ministro Spadafora ha di fatto alzato bandiera bianca: niente aumento di fondi per l’anno in corso e poche promesse per il prossimo triennio. Non solo: ha fissato l’obiettivo di stabilizzare un contingente minimo di 40mila volontari l’anno. Meno della metà dei 100mila giovani previsti nel momento in cui era stata varata la riforma del servizio civile universale. Siamo al de profundis dello SCU prima ancora che sia entrato in vigore?

di Redazione

Nel giorno in cui l’Ocse ha certificato che un ragazzo italiano su quattro non è in grado di comprendere pienamente ciò che legge, al ministro dello Sport con delega al servizio civile Vincenzo Spadafora, uno dei maggiorenti dei Cinque Stelle molto vicino al capo politico Lugi Di Maio, incontrando la Consulta del servizio civile (un incontro atteso da mesi) è bastata una mattinata per annichilire un ben pezzo della riforma del Terzo settore, quella relativa al servizio civile universale. Ribattezzato in questa modo proprio perché, nelle intenzioni del legislatore avrebbe dovuto consentire a tutti i ragazzi fra i 18 e i 28 anni dotati dei requisiti necessari di fare questa esperienza. Non è così oggi e non lo sarà nemmeno in futuro, a quanto pare. Almeno stando alle parole di Spadafora.

L’ex numero uno di Unicef Italia ed ex Garante dell’infanzia, secondo quanto riportato da Enrico Maria Borrelli, presidente del Forum nazionale del servizio civile ha infatti fissato l’obiettivo minimo di 40mila giovani da avviare ogni anno come target da raggiungere nei prossimi anni. Ovvero il 60% in meno dei 100mila giovani che era la soglia minima indicata dall’allora sottosegretario Luigi Bobba (Pd) nel momento in cui è entrata in vigore la riforma che ha traghettato il vecchio servizio civile nazionale nel muovo servizio civile universale. Negli ultimi anni le domande dei ragazzi hanno oscillato fra circa 85 e 120mila. Altri dati da tenere a mente: in Italia i giovani fra i 18 e i 28, quindi in età da servizio civile, sono circa 6,8milioni. Mentre gli under 30 che non studiano e non lavorano sono 2,1 milioni, record europeo parametrato alla popolazione (ne parliamo sul numero del magazine di dicembre in distribuzione da domani). Darsi come target 40mila avviamenti l’anno significa alzare bandiera bianca e ridurre l’istituto a un’esperienza di fatto elitaria. Per questo non c’era bisogno di una riforma discussa per anni. Bastava una forbice.

Del resto anche il traguardo dei 40mila è di là da venire. Ieri lo stesso Spadafora non ha dato alcuna certezza. Come si evince dalla nota ufficiale in cui si dice genericamente dell’impegno a “reperire i fondi necessari per avviare il prossimo anno un numero di volontari pari o superiore al 2019 e per dare continuità alle risorse da destinare al servizio civile universale”. Per ora l’unico punto fermo, l’unico fatto certo, è che l’extrabudget di 70 milioni più volte promesso non sarà impegnato nel 2019, il Mef dice che non ci sono i fondi. Come miracolosamente ci potranno essere l’anno prossimo non p dato saperlo. A parole, specie oggi nella giornata internazionale del volontariato, non troveremo mai un politico che non affermi che il servizio civile è un grande strumento di empowerment e di crescita sociale e civile per i giovani di questo Paese. I fatti raccontano un’altra cosa.

Postilla: che il servizio civile non sia in cima alle priorità di Spadafora si era capito da tempo, fin dal Conte I. Altrettanto vero però che è Spadafora in parlamento e nel governo non ha mai trovato né sponde, né stimoli che gli consigliassero di spendersi su questo fronte. La Lega di Salvini ha aspettato di andare all’opposizione per chiedere più fondi. Nella maggioranza e nell’esecutivo del Conte II ci sarebbe il partito democratico che, esprime il ministro dell'Economia e che a suo tempo si era intestato la riforma del servizio civile universale. Pd dove sei, verrebbe da chiedersi. Ma forse non risponderebbe nessuno.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.