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Servizio civile, abbandoni in crescita: nel 2018 sfiorano il 25% degli avvii

I dati del Dipartimento del servizio civile di Palazzo Chigi dimostrano un aumento in particolare del numero di chi rinuncia prima di incominciare, cioè dei volontari già selezionati che rinunciano prima ancora che cominci l’attività. Tutti i numeri

di Francesco Dente

Nuovo balzo in avanti degli abbandoni del servizio civile. Secondo le anticipazioni fornite a Vita dal Dipartimento del servizio civile di Palazzo Chigi, nel 2018 sono saliti al 23,28%. Numeri peraltro destinati a salire perché aggiornati allo scorso agosto (data alla quale molti progetti del bando 2018 erano ancora in corso). Nel 2017 gli abbandoni hanno sfiorato invece il 21%. Più di uno su cinque, dunque. Volontari già selezionati che rinunciano prima ancora che cominci l’attività oppure che interrompono dopo alcuni mesi di impegno. In totale, nell’ultima tornata, 5.544 ragazzi su 23.808. Un anno prima (dati consolidati) erano stati 9mila su poco più di 43mila avviati. Non è l’unica tendenza in atto. Nel quadriennio 2014-2017 si è invertito infatti il trend tra interruzioni e rinunce. Giù i primi, su i secondi. Sono diminuiti infatti gli addii in itinere, passati dall’11,71% (dei volontari avviati) del 2014 all’8,85% del 2017, mentre sono balzate in avanti dal 7,29% al 12% le defezioni di chi non ha fatto nemmeno un giorno di servizio.

Quale il motivo dell’aumento degli abbandoni e, in particolare, delle rinunce? L’unica indagine dell’Ufficio nazionale per il Servizio Civile e dell’Irs
di Milano risale al 2007. Dati vecchiotti ma che mostravano il legame con le opportunità di lavoro che si presentano prima o durante il servizio. Alla prima offerta di occupazione seria si molla tutto insomma. Specie in un momento di crisi come quello attuale.

Non è un caso se, da sempre, le percentuali di abbandono siano più elevate al Nord (27,47% nel 2017) dove ci sono più chance di lavoro, rispetto al Sud (15,33%) dove invece il servizio civile costituisce talvolta l’unica forma di “impiego” giovanile.

Tendenze da leggere con attenzione. «Nonostante la crescita lenta e costante degli abbandoni non me la sento di definirlo un allarme. Distinguiamo fra chi rinuncia e chi interrompe. Per i rinunciatari, che non hanno neanche iniziato, la causa è esterna al servizio civile», osserva Feliciana Farnese, rappresentante dei volontari in seno alla Consulta nazionale per il servizio civile. Il punto è che negli ultimi anni è diminuita anche la quota dei subentri. La normativa consente infatti la sostituzione dei volontari che abbandonano con idonei non selezionati dello stesso ente o di ente della stessa Regione. I “supplenti” sono scesi dal 57,89% nel 2015 al 42,56% nel 2017. Sulla stessa lunghezza d’onda è Licio Palazzini, presidente della Conferenza nazionale enti per il servizio civile (Cnesc) e di Arci servizio civile. «Non è vero però che chi fa questa esperienza non possa lavorare. L’incompatibilità è solo con occupazioni che impediscono di svolgere l’orario settimanale di servizio. Tanti volontari fanno lavori di sera o nel fine settimana», fa notare. La riduzione delle interruzioni durante il servizio potrebbe anche dipendere dalla selezione più attenta dei candidati da parte degli enti. I rappresentanti del Terzo settore puntano il dito infatti contro la leggerezza con cui alcuni ragazzi si avvicinano al servizio. «Ci sono giovani che si avvicinano in modo poco informato e consapevole. Significa che dopo il colloquio di selezione in cui hanno capito cosa faranno, ritengono che quell’esperienza non li interessi o che non siano in grado di affrontarla. Molti infatti fanno domanda senza avere in mente il progetto dentro cui saranno inseriti», rimarca il presidente della Conferenza.

E se ci fosse invece poca chiarezza degli enti su fini e modalità dell’attività da svolgere? «Semmai c’è poca chiarezza nell'approccio dei ragazzi. È approssimativo. Non sempre leggono con attenzione il progetto nel quale sono impegnati e il contratto che frimano il primo giorno», replica Farnese. L'ultima Relazione al Parlamento contiene altri dati interessanti sugli abbandoni.

Emerge che nella metà dei casi (50,10%) le interruzioni si verificano nei primi quattro mesi di servizio, che la quota più alta di rinunce e interruzioni avviene in enti che si occupano di assistenza (59,87%), che i ragazzi che lasciano o non iniziano neanche hanno soprattutto il titolo di scuola media superiore (51,96%). Bisogna risalire alla Relazione relativa al 2012 invece per approfondire i dati sul sesso e la tipologia di ente, pubblico o privato. Il confronto percentuale fra i due sessi riflette quello degli avviati in servizio: abbandona il 65,16% delle donne contro il 34,84% dei maschi. L’analisi per tipo di ente mostra che gli addii av- vengono per circa tre quarti dei casi nel settore privato.

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