Economia

Servizi sociali, raccomandazioni nel segno dell’ambiguità

Cosa dice la comunicazione della commissione europea: da una parte se ne evidenzia la funzione di coesione sociale. Dall’altra si spinge sul valore di “attività economica”

di Redazione

Lo scorso 26 aprile la Commissione europea ha pubblicato la Comunicazione sui servizi sociali di interesse generale che si iscrive all?interno delle necessità di fornire una precisazione sulle specificità di tali servizi a livello europeo e un chiarimento delle regole comunitarie ad essi applicabili. Sebbene la Comunicazione fin dall?inizio voglia sottolineare tutto il loro valore nell?ambito del modello sociale europeo, l?importanza nel contesto di attuazione del programma europeo di Lisbona e la loro missione fondamentale di coesione sociale, immediatamente chiarisce anche come occorra procedere a una loro modernizzazione sia in termini di maggiore trasparenza che di migliore efficacia a livello di organizzazione e finanziamenti. L?urgenza di fornire una loro chiara delimitazione, sebbene già il Libro Bianco del 2004, l’Agenda sociale del 2005 e lo stesso programma comunitario di Lisbona ne esplicassero la necessità e i primi contorni, si è resa più manifesta nel corso dei lavori preparatori della Direttiva servizi, meglio nota come Direttiva Bolkestein. Difatti la Direttiva in questione, oltre a chiarire la sua non applicazione ai servizi sanitari pubblici e privati, non si applica neppure ai servizi sociali ma solo ove connessi con gli alloggi, la custodia dei bambini e l?aiuto alle famiglie e alle persone bisognose. Nella prima versione del testo della Direttiva emendato dal Parlamento lo scorso 16 febbraio erano stati esclusi tutti i servizi sociali, ora invece nella versione della Commissione si va a delimitare il campo di esclusione e ad esempio la categoria ?servizi alla famiglia? si riduce a ?sostegno alle famiglie e alle persone bisognose?. La vaghezza di molte previsioni all?interno della Direttiva potrebbe creare, qualora il testo venisse accettato dal Consiglio senza ulteriori emendamenti, delle ovvie conseguenze in termini di incertezza giuridica per gli operatori e gli stessi utenti. Inoltre la stessa Comunicazione nella volontà di coinvolgere maggiormente i servizi sociali all?interno della normativa comunitaria del mercato interno e della concorrenza per un loro ammodernamento, riporta una definizione di «attività economica» che potrebbe comportare che la quasi totalità dei servizi prestati nel settore sociale possa essere ritenuta come «un?attività economica» e pertanto sottoposta alle norme sulla libertà di stabilimento e di libera concorrenza del trattato CE. La Comunicazione fornisce nella sua parte finale un primo elenco dei criteri indicativi delle specificità dei servizi sociali, di modo tale da formulare una base di lavoro per un?ampia consultazione con tutti gli attori interessati: Stati membri, prestatori di servizi ed utilizzatori. di Silvia Frezza segretaria generale Confcooperative


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