Welfare

Servizi sociali, il non profit è protagonista

Più spazio al terzo settore grazie al nuovo sistema integrato voluto dalla legge di riforma dell’assistenza. Ora la palla è alle Regioni e agli enti locali. Ecco alcune linee

di Carlo Mazzini

Questi i doveri degli enti locali e del Terzo settore alla luce del piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2001-2003. A cura di Sara Gianni e Carlo Mazzini Sono stati stanziati più di diecimila miliardi, da ripartirsi nell?arco degli anni 2001-2003, a sostegno di interventi sociali a favore delle famiglie, dei minori, degli anziani, dei disabili, degli immigrati, dei tossicodipendenti e delle persone in condizione di povertà. Questi sono i destinatari individuati dal Piano nazionale emanato con Decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 2001 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale nel numero 181 suppl. ord. n. 204 lo scorso 6 agosto. Il Piano nazionale, elaborato dal Governo in tempi stretti (la legge 328/00 art. 18 c. 4 dava un termine di un anno), probabilmente per fornire l?input primario all?attuazione della legge sull?assistenza, predispone una metodologia d?azione attraverso obietti strategici e indirizzi generali, che dovranno essere posti a fondamento della programmazione di un sistema integrato di interventi e servizi sociali a base locale. La finalità principale del Piano è quella di garantire la promozione del benessere sociale: il diritto a star bene, che si concretizza nella possibilità di sviluppare e conservare le proprie capacità fisiche, di svolgere una soddisfacente vita di relazione, di essere in grado di affrontare le responsabilità quotidiane, diventa un?esigenza fondamentale alla quale i governi locali sono chiamati a dare una risposta. Una risposta che deve essere soddisfacente e che pertanto, come indicato dal Piano stesso, deve sottostare a canoni di qualità prefissati, volti a garantire adeguatezza dei servizi ai bisogni, efficacia dei metodi, uso ottimale delle risorse impiegate, sinergie con servizi e risorse del territorio, miglioramento continuo. Quattro sono gli obiettivi prioritari: ? Valorizzare e sostenere le responsabilità familiari La famiglia, come nucleo della società, deve essere aiutata/agevolata nel sostenere il suo ruolo e i doveri che da esso ne derivano, permettendo una conciliazione positiva con gli obblighi lavorativi. ? Rafforzare i diritti dei minori Si tratta di politiche d?intervento indirizzate sia all?infanzia sia all?adolescenza; le prime prevedono lo sviluppo di servizi per la prima infanzia e in età prescolare; le seconde sono volte a limitare il disadattamento adolescenziale, attraverso attivazione di forme di partecipazione degli adolescenti alla vita della comunità locale, rafforzamento dell?affidamento familiare, realizzazione di strutture di accoglienza, servizi di sostegno, cura e recupero psico-sociale. ? Potenziare gli interventi a contrasto della povertà Il piano si prefigge di dare un sostegno non solo economico alle persone in difficoltà finanziaria, ma anche la creazione di misure di accompagnamento sociale. La soglia di accesso per ottenere gli aiuti, sarà determinata da un Reddito Minimo d?Inserimento esteso su tutto il territorio nazionale. Particolare attenzione è riservata ai senza dimora, ai quali sono diretti provvedimenti per favorire l?inserimento nei servizi sociali. ? Sostenere con servizi domiciliari le persone non autosufficienti Destinatari: le persone anziane, i disabili con problemi di non auto sufficienza. Affiancamento domiciliare alle loro famiglie, rimozione degli ostacoli, sviluppo di centri diurni, progetti di riabilitazione e reinserimento, sono alcuni degli espedienti previsti dal piano nazionale. L?accesso a questi obiettivi principali e ad altri, quali la prevenzione delle dipendenze e l?inclusione degli immigrati, sarà vincolata al bisogno: tanto più quest?ultimo sarà sviluppato , quanto più titolo d?accesso si avrà; gli enti locali non sono chiamati solo a definire le diversificazioni e le modalità di accesso, ma soprattutto a renderlo possibile abolendo barriere informative, culturali e fisiche. Su questi principi, entro centoventi giorni dalla pubblicazione del Piano nazionale, le Regioni dovranno redigere un piano regionale (finora solo Marche, Toscana, Veneto, Campania ed Emilia Romagna si sono adeguate); ma saranno i Piani di Zona attuati dai Comuni, il reale luogo di progettazione degli interventi integrati: i Comuni assumeranno dunque un ruolo di regia nella valorizzazione sociale della persona. Il piano di zona è lo strumento attraverso il quale i Comuni, con il concorso di tutti i soggetti attivi nella progettazione, possono disegnare il sistema integrato di interventi e servizi sociali con riferimento agli obiettivi strategici, agli strumenti realizzativi e alle risorse da attivare. Il ruolo del non profit In questo scenario, che vede coinvolte sussidiariamente tutte le istituzioni pubbliche, quale funzione è stata destinata alle organizzazioni non profit? Già la legge quadro per la creazione del sistema integrato n. 328/00 dà indicazioni ben precise in merito, prospettando una valorizzazione del volontariato nell?erogazione dei servizi. In ottemperanza a questa prescrizione, il Piano Nazionale chiama in causa tutti gli operatori del Terzo settore (con particolare attenzione alle Ipab, interessate in questo biennio alla ristrutturazione interna), non affidandogli solamente la parte passiva di esecutore delle decisioni dei governi locali, di erogatore di determinati servizi sociali, di supplente delle carenze delle strutture pubbliche; bensì lo sollecita ad una posizione attiva nella fase progettuale e nella realizzazione del sistema integrato. Così delineato, si apre uno scenario incentrato sulla concertazione tra enti locali e forze sociali per garantire la realizzazione di un welfare efficace, consapevole dei problemi e radicato sul territorio.


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