Welfare

Servizi agli anziani, cresce il ruolo dell’impresa sociale

Presentati due rapporti su enti locali e stili di vita

di Maurizio Regosa

Sono stati presentati stamattina (a Palazzo Valentini, sede della Provincia di Roma, in via IV Novembre) due rapporti realizzati dall’Auser: Enti locali e Terzo settore (giunto alla terza indagine) e Gli stili di vita degli anziani. Lette assieme queste indagini mettono in luce una situazione critica per quanto riguarda la condizione anziana e le possibili risposte che gli enti locali possono elaborare, con la collaborazione del Terzo settore.

La condizione sociale degli anziani

Negli ultimi anni, la povertà assoluta degli anziani è aumentata (in particolare per gli ultra 56enne da soli e le coppie con un anziano capofamiglia, in difficoltà rispettivamente per il 7% e il 5% dei casi). I dati sui consumi mensili confermano il peggioramento delle condizioni reali di vita per questa fascia della popolazione. Come rileva l’Istat, negli ultimi sei anni  (tra 2003 e 2008, la spesa media mensile è cresciuta di circa 244 euro), un anziano solo ha speso di più per l’abitazione e l’energia (+1,1%) e dei trasporti (+1%) e ha ridotto soprattutto le spese per l’alimentazione (-1,4%) l’abbigliamento e le calzature (-0,5%). Anche le coppie senza figli (con il capofamiglia over 65) si sono trovate a spendere di più per casa ed energia (+3,2%). Sul fronte debitorio, la Banca d’Italia conferma la vulnerabilità finanziaria: le famiglie anziane (con capofamiglia ultra64enne) e quasi anziane (con capofamiglia in età compresa tra 55 e 64 anni) risultano quelle con il debito per beni di consumo più elevato, rispettivamente dell’11,9% e del 13,8%. In assoluto i nuclei con capofamiglia ultra64enne sono anche quelli più indebitati con amici e parenti.

La pensione non basta

È di quasi 780  euro l’importo medio mensile delle pensioni percepite dagli anziani che risiedono in Italia. Un dato che però rivela una disuguaglianza fra Nord e Sud: se l’over 65 vive al Sud, la quota di cui può disporre diminuisce di quasi  160  euro (620 euro), se invece appartiene alle regioni del Nord-Ovest aumenta fino a 910 euro. Se poi l’anziano meridionale è uomo, allora l’assegno pensionistico sale fino a 792 euro e scende addirittura fino 490 euro per le donne. Mediamente nelle regioni meridionali la quota di anziani titolari di una pensione di vecchiaia sul totale degli anziani non raggiunge il 50%, un valore che invece si eleva fino al 71% delle regioni del Nord-Ovest e al 68% del Nord-Est.  A livello regionale la quota più alta di percettori di pensioni di vecchiaia spetta alla Basilicata  (51,2%), seguono Calabria (49,4%) , Puglia (49,3%), Campania (42,7%)  e Sicilia (41,6%).

Il ruolo degli enti locali

In questo contesto, particolarmente difficile per gli anziani, il 2010 si configura come un anno spartiacque per la gestione dei servizi pubblici e in particolare degli interventi socio-assistenziali. Lo sottolinea la terza edizione del Rapporto enti locali e terzo settore. Il processo di ridimensionamento degli organici ha conosciuto una forte accelerazione nel 2009 (-8% degli organici effettivi dei comuni capoluogo) e sta proseguendo nel 2010, almeno stando ai bilanci di previsione dei comuni più grandi (le spese per il welfare allargato sono in diminuzione). Tuttavia, i servizi sociali in senso stretto (assistenza domiciliare, integrazione delle rette da case di riposo, centri sociali, ecc.) continuano ad attirare risorse a fronte del progressivo aumento della domanda sociale (+ 1,5%).

Cresce il ricorso alle imprese sociali

Nel 2009, circa il 51,6% della spesa comunale finalizzata all’assistenza è utilizzata per affidare all’esterno, in particolare a favore delle imprese sociali e delle associazioni del territorio, la gestione di interventi e servizi sociali. Un maggior coinvolgimento al quale, sottolinea l’indagine Auser, non corrisponde la creazione da parte delle autonomie locali di un sistema di regole certe e trasparenti che permettano a volontariato e imprese sociali di erogare servizi di qualità e di svolgere un ruolo importante nella programmazione sociale, in applicazione del principio di  sussidiarietà orizzontale. È lievemente migliorata la qualità dei bandi ma permangono alcune criticità: il  15% delle gare sono indette sulla base del criterio di aggiudicazione al prezzo più basso determinato mediante massimo ribasso sull’elenco delle offerte. Neanche il 20% dei bandi comunali contiene disposizioni dettagliate per tutelare la sicurezza sul lavoro e in materia di antinfortunistica.

Nella quasi totalità dei bandi esaminati, inoltre, le amministrazioni locali non hanno applicato la 328  per la diffusione delle forme di aggiudicazione cosiddette negoziate, volte cioè a sviluppare – attraverso le formule dell’ “appalto concorso” e della “co-progettazione” – le capacità progettuali dei concorrenti del Terzo Settore.

In sostanza, i rapporti tra enti territoriali e imprese sociali, disciplinati dai bandi e dai capitolati di appalto, spesso si limitano all’affidamento della gestione di servizi sociali.  Solo 8 delle 140 gare pubbliche prevedono, infatti, l’aggiudicazione di servizi sociali sulla base dell’”appalto concorso” (che lascia libertà alle imprese sociali di proporre progetti di ampio respiro per la gestione di una determinata prestazione sociale), mentre solo 7 comuni hanno chiesto a cooperative e associazioni sociali di co-progettare insieme un servizio.


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