Politica

Senza una legge sul lobbying non c’è controllo sul Recovery Fund

Consegnate al Parlamento le 40 mila firme che chiedono i provvedimenti del PNRR siano trasparenti e monitorati dalla società civile

di Redazione

Sono scesi in piazza oggi, davanti a Montecitorio, per evocare un futuro che non vorremmo mai vivere: quello in cui le ingenti, fondamentali risorse del Recovery Plan saranno finite nelle mani sbagliate e non riusciranno a fare ripartire l’economia del nostro Paese, gravata dalle conseguenze della terribile pandemia di Covid-19.

Un futuro distopico raccontato attraverso un giornale, il “Senno di Poi”, che consegnato dall'edicola “Notizie dal futuro” a politici e cittadini di fronte alla Camera, visto che proprio qui sono bloccate due leggi fondamentali per proteggere il futuro del Paese, quella sul lobbying e sul conflitto di interessi.

A favore di queste due leggi e dello stato di diritto sono state raccolte oltre 44 mila firme, consegnate personalmente ai vertici della Camera affinché ne riparta subito l’iter in modo da prevenire la corruzione e rafforzare la partecipazione civica, ora che affronteremo la difficile prova del Piano di ripresa e resilienza.

“Siamo convinti che quel destino non sia già scritto e che per evitarlo sia necessario qualcosa in più delle indicazioni arrivate dal premier Draghi sullo spendere le risorse europee con “onestà”, commenta Federico Anghelé, direttore di The Good Lobby.

Se in questi mesi è mancato un reale coinvolgimento della società civile nelle varie fasi di scrittura del PNRR e l’unico meccanismo di consultazione sono state le audizioni parlamentari concentrate tra febbraio e marzo, quando cioè il Piano era già in uno stadio avanzato, è indispensabile prevedere strumenti di monitoraggio sull’uso delle risorse.

“Pensiamo che dirottare una piccolissima quota delle risorse europee alla trasparenza e al monitoraggio potrebbe contribuire a salvaguardare i molti miliardi di euro in arrivo da Bruxelles. Serve chiarezza: ci aspettiamo non solo una piattaforma digitale in formato open-data che renda disponibili in modo chiaro e facilmente visualizzabile tutti i progetti finanziati, ma anche il loro stato di avanzamento e i beneficiari dei fondi”, spiega Federico Anghelé direttore di The Good Lobby.

Incentivare il monitoraggio, permetterebbe di prevenire rischi corruttivi e la distorsione dei fondi per fini privati, o peggio, per assecondare gli interessi della criminalità organizzata.

I conflitti di interessi con il Recovery Fund potrebbero esplodere: è per questo che la società civile chiede una legge che disciplini questa materia frammentaria, come raccomandato dalla ministra Cartabia nel suo discorso programmatico pronunciato presso la Commissione Affari costituzionali della Camera.

Per rendere più trasparenti i rapporti tra istituzioni e portatori di interessi, l’Italia avrebbe inoltre subito bisogno di una legge che regolamenti il lobbying, soprattutto ora che il finanziamento alla politica è privato. “Non siamo contrari al lobbying – specifica Federico Anghelé – Chi prende decisioni pubbliche deve potersi confrontare con chi vanta competenze, conoscenze, informazioni su specifiche materie. Pensiamo però che oltre ai rappresentanti degli interessi particolari di aziende e gruppi di potere, anche la società civile debba essere messa nella condizione di portare il proprio punto di vista e influenzare i processi decisionali, mettendo in luce l’impatto che le politiche pubbliche potrebbero avere su comunità e sull’interesse pubblico. Quello a cui siamo contrari è l’assenza di regole, che facilita i soliti noti, chi vanta relazioni più strette e consolidate con la politica e le istituzioni, e limita l’accesso ai processi decisionali di quelle voci della società civile che difendono i diritti di tutti, su temi cruciali come ambiente, mobilità, lotta alle povertà, diritti civili e consumo responsabile, per citare solo alcuni”.

Questi mesi di preparazione al PNRR hanno messo in luce quel che non funziona: grandi gruppi industriali hanno incontrato molte volte i ministri e i dirigenti ministeriali a cui era in capo la scrittura del Piano.

Non lo stesso è successo per associazioni e gruppi della società civile che difendono gli interessi diffusi, coinvolti pochissimo nella scrittura del PNRR. “In Commissione Affari costituzionali alla Camera sono incagliate da mesi alcune proposte di legge che renderebbero più inclusivi e trasparenti i processi decisionali. Le istituzioni sarebbero vincolate a dare ascolto a chiunque lo chieda, senza fare figli e figliastri come invece avviene ora. Tutti sapremmo chi ha contribuito a influenzare le decisioni pubbliche e la qualità stessa della democrazia aumenterebbe, perché potrebbe alimentarsi delle competenze di molti più soggetti”, prosegue Federico Anghelé.

La necessità di una legge sul lobbying è stata ribadita anche da Danilo Selvaggi, direttore generale della Lega Italiana Protezione Uccelli (LIPU), una delle 23 organizzazioni parte della coalizione Lobbying4Change che assieme a The Good Lobby si batte per regolamentare il lobbismo.

"La grave crisi della politica e della fiducia nella politica dipende anche dall'immaturità del nostro sistema di policy, ancora dipendente da improvvisazioni e zone d'ombra. Alla vigilia dell'attuazione del Recovery Plan, regolamentare il lobbying è ormai indispensabile, commenta Danilo Selvaggi. Le forze parlamentari traducano le buone intenzioni, dichiarate da tutti, nel voto parlamentare, e approvino finalmente la legge".

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