La redazione romana di un giornale americano. Undici personaggi che ruotano attorno al quotidiano, chiamato da tutti semplicemente “the paper”. Si va dal pigro curatore della rubrica dei necrologi al caporedattore che perde le staffe se qualcuno usa l’avverbio “letteralmente”, dalla risoluta direttrice all’anziano corrispondente da Parigi incapace di usare l’email. Sono Gli imperfezionisti, gli eroi del primo libro di Tom Rachman (edito da Il Saggiatore). L’autore, 36 anni, che da giornalista ha fatto il corrispondente da India, Sri Lanka, Giappone, Corea del Sud, Turchia ed Egitto. La Roma che descrive l’ha conosciuta lavorando per l’Associated Press, nella redazione di piazza Grazioli.
È l’imperfezione che porta i giornalisti a non cercare la verità?
I protagonisti sono giornalisti imperfetti ma mai rassegnati. Si sforzano, combattono, agognano sempre qualcosa. Questo è ciò che ci fa amare la gente: dedizione e passione nonostante l’impossibilità di molte delle nostre aspirazioni.
Il giornalismo di strada è finito?
La crisi finanziaria nel settore dei media ha fatto sì che ci siano meno risorse per pagare informazioni di prima mano. È un peccato e un pericolo, perché i giornalisti finiscono col ripetere i pregiudizi che hanno letto altrove anziché controllare direttamente.
Uno dei personaggi italiani del libro fa il portavoce di Berlusconi. Si è ispirato a qualcuno?
Premessa: i miei personaggi non sono basati su persone reali. Per quel che riguarda il portavoce del Pdl, volevo un soggetto che spiazzasse le aspettative della donna direttore del giornale. Lei è ostile a Berlusconi, ma allo stesso tempo è attratta dal suo portavoce; questo crea una tensione divertente.
C’è una scena bollente ambientata nella sede del Pdl, è un caso?
Non mi è mai capitato nulla di lontanamente sexy in una sede di partito, se è questa la domanda. La scena c’è solo perché i personaggi sono sposati. E un ufficio, fuori dall’orario di lavoro, è un luogo perfetto per la seduzione.
Che opinione ti sei fatto del giornalismo italiano?
Ci sono molti giornalisti di talento, ma lavorano in un sistema che considero fragile. Enfatizzano irrilevanti battibecchi politici o banali sviluppi quotidiani. Dove sono le inchieste sugli illeciti? Se c’è uno scandalo, emerge dalle indagini giudiziarie, non dalle inchieste giornalistiche. E questa è un’accusa schiacciante per i vostri media. Ogni Paese ha bisogno di una stampa forte per controllare il potere, segnalare l’immoralità, condannare la corruzione. Non mi sembra che in Italia ci sia questo tipo di stampa.
Il finale fa pensare che il giornale di carta sia destinato a morire. Cederà il passo al web?
Ormai i lettori sono abituati a informazioni gratuite e veloci, ottenute da fonti diverse; l’idea di aspettare un giorno per sapere cos’è accaduto ieri è inimmaginabile. Però, l’informazione di qualità sarà sempre ricercata, e di una cosa sono certo: buono, cattivo o imperfetto che sia, il giornalismo sarà sempre con noi. [Antonio Sgobba]
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