Oggi, 10 febbraio, mentre andiamo in stampa non sappiamo ancora che esito avrà la protesta disperata di Riccardo Faro. Un uomo di 36 anni sposato e padre di tre figli, senza lavoro, che si è incatenato nel municipio di Acicatena (Catania) minacciando di darsi fuoco se nessuno darà una risposta alla sua legittima aspettativa di trovare un?occupazione. Il sindaco di Acicatena ha accettato di ricevere l?uomo, ma per farlo ha dovuto congedare altre dieci persone, disoccupati che il giorno prima avevano a loro volta minacciato di gettarsi dal tetto del municipio. Nei giorni scorsi a Napoli gruppi di precari e di disoccupati iscritti al collocamento da vent’anni e più avevano bloccato la città. Ormai il ministro del Lavoro, Treu, ad ogni uscita pubblica trova ad accoglierlo gruppi di cosiddetti ?disoccupati non organizzati?, persone che protestano senza striscioni né volantini ma con la forza dell?ostinazione e spesso anche della disperazione. È successo venerdì 6 febbraio a Cagliari, lunedì 9 a Bari. Spigolando tra i notiziari regionali di agenzie ci accorgeremmo che gli episodi di protesta e di disperazione dei disoccupati potrebbero riempire pagine e pagine di questo e altri giornali. Ed è proprio questo il punto: questo cumulo di storie, di facce, di ansie private e pubbliche, le richieste d’aiuto e le piccole rivolte non riescono a conquistare la ribalta dell’informazione. A differenza di quanto accade in Francia o in Germania (Paesi col nostro tasso di disoccupazione), da noi non ci sono fotografi, né reporter, né telecamere, nessun inserto speciale nei giornali, nessun microfono, nessuna giornata tematica in tv. In Inghilterra, in Francia le vite dei disoccupati sono state raccontate anche da scrittori e grandi registi cinematografici. In Italia, invece, la disoccupazione rimane un argomento politico, è tema di interventi di sindacalisti e industriali ai loro congressi, è materia di contrattazione tra partiti per avere un po’ più peso politico nel governo, da noi disoccupazione sono cifre, che si tratti del 25% di disoccupati in Campania o di 35 ore. Un argomento, un’astrazione in cui non esistono i disoccupati, in cui non hanno voce e rappresentanza, non ci sono, sono dei fantasmi, se provano ad aprir bocca sono le loro manifestazioni vengono frettolosamente definite come azioni criminali, se minacciano di buttarsi da un tetto sono trattati alla stregua di psicopatici.
C’è qualcosa che non va, c’è qualcosa di strano in questa macchina dell’informazione che da qualche mese in qua preferisce ammanirci delle specie di sceneggiati a puntate su personaggi che tengono banco per intere settimane muovendo sentimenti ed opinioni e tenendo banco in Tg, talk show, rubriche, prime pagine: dal dottor Di Bella, al piccolo Gabriele, dalla fellatio di Clinton a Giuseppe Soffiantini.
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