Politica
Senza dimora: la delibera della sindaca Raggi che fa infuriare le associazioni
L'amministrazione capitolina avoca a sé tutti i servizi e le pratiche di «anagrafe virtuale» che consentono di dare un indirizzo a chi non ha o ha perso la casa. Ma le 5 organizzazioni che finora avevano svolto questo servizio, in collaborazione col Comune, esprimono preoccupazione: mancano personale e competenze per aiutare chi vive in strada
Le associazioni contro la sindaca Raggi per una recente delibera che avoca ai servizi comunali tutte le pratiche di iscrizione anagrafica dei senza dimora. Il provvedimento è stato preso sabato dalla Giunta capitolina e, come annunciato dall'assessore al Sociale Laura Baldassarre, «intende superare l'attuale sistema di iscrizione anagrafica virtuale, finora affidato ad associazioni terze, favorire la sua internalizzazione al fine di verificarne la corretta applicazione». In pratica, il servizio di iscrizione anagrafica delle persone senza dimora, che esiste da anni ed è stato svolto negli ultimi vent’anni da 5 organizzazioni non profit (Caritas, Comunità di Sant'Egidio, Esercito della Salvezza, Focus-Casa dei diritti sociali e Associazione Centro Astalli) a titolo gratuito e con personale esperto, ovviamente in collaborazione con il Comune di Roma, diventa di esclusiva competenza del Campidoglio.
Essere visibili per l’anagrafe – è bene ribadirlo – è un diritto del cittadino sancito da una sentenza della Cassazione del 2000 ma anche un obbligo del funzionario comunale, che deve procedere all'iscrizione di quanti non siano più in possesso dei requisiti richiesti per farne richiesta, per esempio avere una casa dove si abita, quindi un indirizzo. Solo con l’iscrizione anagrafica si può richiedere un documento di identità, esercitare il diritto di voto, ottenere l’assistenza sanitaria e tutte le misure sociali collegate alla residenza (cittadinanza, invalidità, pensione).
Ebbene, d’ora in avanti, recita la delibera 31/2017, l’iscrizione all'anagrafe diventa di esclusiva competenza comunale. Agli Uffici demografici municipali verrà attribuita esclusiva competenza in merito all'accoglimento delle richieste di iscrizione da parte di persone senza dimora introducendo, come condizione di ricevibilità, l'attestazione della condizione soggettiva di disagio del richiedente da parte del Servizio Sociale, anche con l'obiettivo – come ha spiegato sempre l'assessore – di «contrastare l'uso distorto del servizio di iscrizione anagrafica come l'intestazione di attività economiche attribuite a senza fissa dimora presso gli "indirizzi virtuali"».
«Esprimiamo perplessità relativamente all’accessibilità e all’effettivo futuro esercizio del diritto di residenza», hanno però scritto le cinque associazioni in un comunicato. «In particolare, la nuova procedura rischia di non garantire tale servizio a tutti i cittadini in situazioni di fragilità sociale, penalizzando quanti hanno meno possibilità di incontrare la pubblica amministrazione». Le organizzazioni, pur riconoscendo che la nuova delibera investe finalmente l’amministrazione pubblica di un ruolo che le è proprio, temono che affidare in modo esclusivo il servizio di iscrizione anagrafica delle persone senza fissa dimora ai Municipi in una realtà complessa come quella romana senza un'adeguata preparazione degli impiegati e un incremento delle risorse, rischia di creare problemi effettivi di esigibilità dei diritti di cui i tempi di attesa molto lunghi sarebbero solo il primo di una lunga serie: basti pensare alla mediazione culturale per gli stranieri; al servizio di casella postale per la corrispondenza fiscale e amministrativa (all'indirizzo del Municipio arriveranno tutte le comunicazioni indirizzate alle persone); all'assistenza nella compilazione della modulistica.
Attualmente a Roma sono 20mila le persone in possesso di un’identità anagrafica grazie al servizio di “Indirizzo virtuale”; di queste, 18 mila non sono più invisibili grazie al lavoro di prossimità delle associazioni e solo 2 mila per opera delle strutture comunali. Le 5 organizzazioni chiedono dunque di risolvere al più presto le criticità della delibera predisponendo le consequenziali misure correttive già evidenziate in una nota inviata all’Amministrazione capitolina.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.