Ieri la borsa italiana è stata atterrata dal declassamento di un’agenzia di rating. Oggi il governo ha subito, come un fastidioso jab, l’uscita del nuovo rapporto Istat. Sono situazioni assai diverse ma che testimoniano la rilevanza di dati che sempre più combinano misurazioni oggettive e di percezione. Queste ultime – il cosiddetto sentiment – sono in forte ascesa e, forse proprio per questo, oggetto di critiche. Una serie storica decennale Istat certifica che il paese non cresce e fa molta fatica a recuperare la perdita di ricchezza causata dalla crisi recente. Ma è altrettanto interessante venire a sapere – come succedeva lunedì scorso sul Corriere economia – che c’è anche la bolla immobiliare cinese e il default degli enti locali statunitensi tra le preoccupazioni dei più importanti operatori finanziari mondiali per il mese prossimo. Oppure che l’Ocse nel calcolare il Bli, nuovo indice di qualità della vita, considera pure la soddisfazione percepita dai cittadini. Sono informazioni cruciali, soprattutto per organizzazioni come quelle non profit che, più di altre, affidano a fattori reputazionali il loro destino. Dunque oltre a scontornare l’universo non profit in termini di istituzioni, peso economico, occupazionale, ecc. sarebbe interessante misurarne la percezione del carattere “sociale” presso l’opnione pubblica e magari anche considerando un campione di policy maker. Il tutto con periodicità naturalmente, ma questo è un altro discorso.
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