Provate a fare senza
Senay e Shaban, con la cooperazione internazionale italiana hanno avuto un’altra possibilità
Grazie alla cooperazione italiana Senay, in Etiopia, coltiva un orto che sostiene tutta la sua famiglia. Nella Repubblica Democratica del Congo, Shaban da vittima di guerra è diventato un medico. Ma quanto vale la cooperazione internazionale italiana? Cosa succederebbe se di colpo le ong fossero costrette a chiudere tutti i progetti? Ce lo siamo chiesti nel viaggio distopico, al centro di VITA magazine di marzo, dove abbiamo immaginato un mondo senza Terzo settore
di Anna Spena

Le storie di Senay e Shaban sono alcune tra quelle che VITA ha raccolto nel nuovo numero del magazine, titolato “Provate a fare senza”, se sei già abbonato, leggi subito qui il nuovo numero; se vuoi abbonarti, puoi farlo da qui. Ma senza chi? Senza Terzo settore. Cosa accadrebbe se, da un giorno all’altro, il non profit scomparisse? E quindi anche cosa accadrebbe se all’improvviso tutte le ong italiane fossero costrette a chiudere i loro progetti? Il numero tratteggia un mondo distopico (e a questo punto della storia neanche troppo distopico visto i tagli a Usaid che stanno mettendo in ginocchio la cooperazione internazionale, e le ong italiane non sono escluse) in un racconto che restituisce l’evidenza del tesoro che abbiamo e che spesso non vediamo, come se il Terzo settore non riguardasse non tutti noi.
Senay è una donna etiope, ha tre figli. Quando, alla fine della guerra del Tigrè, ha incontrato l’ong Coopi, aveva una lesione alla mano destra, perché era rimasta ferita nel conflitto. Sono tante le famiglie nel Sedal Woreda, zona di Kamashi, nella regione del Benishangul Gumuz, che negli ultimi quattro anni – a causa di instabilità e conflitti armati – sono state costrette ad abbandonare le loro case.
Lo sfollamento forzato le ha lasciate senza accesso alle risorse essenziali, senza cibo, senza un tetto, senza assistenza sanitaria. È qui che l’ong Coopi – Cooperazione internazionale ha avviato un progetto per sostenere i rimpatriati e ha fornito assistenza in denaro multiuso a mille famiglie (per un totale di 5.068 persone), tra cui quella di Senay. Ogni famiglia ha ricevuto 6.300 Ethiopian Birrs, ottenendo così la flessibilità necessaria per soddisfare i bisogni più urgenti, che fossero cibo, spese mediche o riparazioni dell’alloggio.
«Prima di ricevere l’assistenza in denaro, faticavo a procurarmi il cibo per i miei figli. Spesso andavamo a dormire affamati. Questo sostegno ha cambiato tutto per noi. Sono riuscita a comprare abbastanza cibo per la mia famiglia e ho persino avviato un piccolo orto», racconta Senay che ha infatti scelto di di investire parte del denaro ricevuto dall’ong in semi e strumenti, che le hanno permesso di avviare un orto che ora non solo nutre la sua famiglia ma genera anche un piccolo reddito grazie alla vendita nei mercati locali. «Adesso posso anche mandare i miei bambini a scuola».
Contenuto riservato agli utenti abbonati
Abbònati a VITA per leggere il magazine e accedere a contenuti e funzionalità esclusive
Hai già un abbonamento attivo? Accedi