Sostenibilità

Sempre sulle barricate, ma con proposte in tasca

Alla vigilia del vertice un nuovo presidente per Greenpeace

di Redazione

Ivan Novelli è stato nominato al vertice
della sezione italiana dell’associazione.
Che si prepara alla battaglia del Cop15, ma pensa
già anche al dopo.
Sul ritorno al nucleare,
per esempio. Ma anche
su un nuovo rapporto
con il mondo produttivoUna Greenpeace sempre in campo con azioni eclatanti e provocatorie. Ma anche capace di fare proposte. «Di dire non solo quello che non si deve fare, ma anche quello che si dovrebbe fare». Proprio in coincidenza con Copenhagen, arriva il nuovo presidente della sezione italiana dell’associazione ambientalista internazionale. Ivan Novelli, 53 anni, vicepresidente dal 2008, ha già lavorato all’interno dell’associazione, prima come responsabile delle campagne Clima ed Energia dal 1990 al 1994, poi, sino al 1996, come direttore delle campagne e della comunicazione. A Vita illustra in anteprima il suo programma per l’associazione.
Vita: Una Greenpeace più propositiva, quindi?
Ivan Novelli: Greenpeace è riconosciuta universalmente per le azioni dirette e non violente che facciamo un po’ ovunque. È un’associazione che chiede ai propri attivisti un impegno diretto e anche fisico. Quello che si riesce a trasmettere meno è il lavoro di proposta. Spesso ci è capitato di fornire soluzioni, come prototipi di frigoriferi senza gas mangia-ozono, o metodi per sbiancare la carta senza cloro. All’epoca della mia direzione delle campagne producevamo una piccola newsletter che si chiamava «Greenpeace business», in cui cercavamo di avere apporti con le aziende per aiutarle a trovare soluzioni ecocompatibili. È una cosa che vorrei riprendere nel 2010. Dobbiamo crescere dal punto di vista dell’interlocuzione, soprattutto con il mondo produttivo.
Vita: Questo in assenza di rapporti finanziari con questo mondo, visto che Greenpeace non accetta finanziamenti dalle aziende? Non pensa che questa sia una posizione di retrovia? Che c’è di male a fare partnership con le aziende? Non può essere un modo per far crescere la loro sensibilità ambientale?
Novelli: Non è un male di per sé. Altre associazioni lo fanno. Ma il nostro modo è questo, storicamente in tutto il mondo: crediamo che sia importante una divisione netta e chiara, soprattutto agli occhi dell’opinione pubblica. Non vedo motivi per cambiare. Crediamo che sia più trasparente questo modo di lavorare, non sottraendoci al confronto costruttivo, ma mantenendo nette le distinzioni.
Vita: Niente soldi dalle aziende, niente dalle istituzioni. Solo dai privati cittadini: la crisi economica non ha pesato sul fund raising?
Novelli: No, per niente, anzi, questo 2009 è stato un anno positivo. Evidentemente questi sono temi che stanno diventando prioritari anche tra gli italiani. Veniamo da alcuni anni di lavoro molto buono, vorrei dare merito sia al direttore attuale Giuseppe Onufrio che a quello precedente Donatella Massai: l’associazione si è consolidata, e ha affrontato il 2009 nel migliore dei modi. Per la prima volta abbiamo superato i 40mila sostenitori.
Vita: Una nomina, la sua, che arriva proprio in coincidenza con il vertice di Copenhagen. Come la vive? E quale sarà il compito di Greenpeace all’indomani della fine del vertice?
Novelli: Con non troppo ottimismo. In questi mesi non si è fatto tutto il lavoro che si sarebbe dovuto fare per arrivare a risultati soddisfacenti. Noi andremo avanti, qualunque sia il risultato del vertice: studieremo nuove strategie. Abbiamo anche altre campagne importanti. In Italia, ahimé, è ritornato di attualità il nucleare: un risultato lo abbiamo raggiunto quando ben 11 Regioni hanno impugnato davanti alla Corte Costituzionale la legge che ne ha sancito il ritorno. Questo sarà un tema che ci vedrà protagonisti.
Vita: Come ha visto cambiare la sensibilità ambientalista in Italia? Rispetto alle prime campagne sul clima di cui è stato promotore, oggi che tipo di reazione c’è?
Novelli: È cresciuta sicuramente la sensibilità, sono cresciuti i comportamenti virtuosi. È cresciuta ma con un ritmo ancora inadeguato alle emergenze e urgenze che ci si trova ad affrontare. È cresciuta anche l’occupazione nel settore verde. Chi è rimasta davvero indietro è la politica: in Parlamento i nostri interlocutori si contano sulle dita di una mano. Ed è grave.

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