Sostenibilità

Semplificazione: bisturi e piccone richiedono competenza e mano ferma (assenti)

di Walter Ganapini

Il Green Deal UE è occasione da non perdere per una vera e urgente Semplificazione, che può fare solo chi sa progettare, costruire e governare la macchina amministrativa che deve portare da una rigorosa analisi della realtà alla attuazione degli obiettivi prioritari per risolvere le criticità individuate da quella lettura scientifica e completa dello scenario di partenza: interessi fossili, farragine normativa e autoreferenzialità di una burocrazia non meritocratica supportano una politica resistiva al cambiamento. Allontanarsi dall’Europa e gestire il ‘Recovery Fund’ in logica italiota ‘business as usual’ è il rischio grave che il Paese corre, mentre la Crisi Climatica galoppa.

Quando il ‘Piano per il Clima al 2030’ da poco proposto dalla Commissione UE prevedeva un taglio "realizzabile" sul piano economico e "vantaggioso per l'Europa" delle emissioni in dieci anni di "almeno il 55%" rispetto ai livelli del 1990”, pochi giorni fa la Commissione Ambiente del Parlamento Europeo ha votato per aumentare tale obiettivo al 60%, estendendo ai governi nazionali l’obiettivo vincolante della neutralità climatica per il 2050 e indicando le necessarie diverse disposizioni di ‘governance’, a partire dalla istituzione di un ‘Consiglio europeo sui cambiamenti climatici’, organo consultivo indipendente responsabile della valutazione di coerenza tra le politiche, del monitoraggio dei progressi verso gli obiettivi climatici, identificando azioni e opportunità e focalizzando conseguenze dell'inazione. Questo delinea un approccio basato sulla scienza per definire un approccio coerente ed efficiente alle sfide future, passo avanti per migliorare la responsabilità e la trasparenza di tutte le decisioni politiche. In linea con l'esigenza di utilizzare al meglio le risorse pubbliche, si chiede anche di allineare i flussi di finanza pubblica e privata con l'obiettivo di neutralità climatica, eliminando gradualmente sovvenzioni dirette e indirette ai combustibili fossili entro la fine del 2025.

E in Italia? Gli effetti della inizialmente citata ‘incultura della macchina di governo’ emergono già leggendo le nuove normative ‘semplificatorie’ ed il nazionale ‘GreenNewDeal’. Ad esempio, il vero ostacolo allo sviluppo delle fonti rinnovabili non è la riduzione degli incentivi, ma ‘tempi e metodi’ delle procedure autorizzative: si calcola che al ritmo autorizzatorio attuale occorrerebbero 60 anni per raggiungere obiettivi fissati da un già timido PNIEC al 2030.
Addirittura, con emendamenti di chi alimenta Nimby disinformando su ‘wind farm offshore’, biometano e strategia per l’Idrogeno Verde (eccellenze una volta leadership italiana, nel tempo massacrate), si agevola lo stoccaggio di CO2 mai da nessuno realizzato su scala reale, ma amato strumento di ‘green washing’ dei fossili nostrani, si riducono le royalties sulle trivellazioni, si semplifica il percorso autorizzatorio per gli oleodotti e si procede sul folle tubo sardo del gas, persino prevedendo l’esclusione fino al 2023 dal dibattito pubblico su infrastrutture e centrali.

Da più parti si denuncia che l’ecobonus del 110% esclude gli incapienti e che per l’Agenzia delle entrate la cessione del credito e lo sconto in fattura valgono solo per chi è ricco o ha un lavoro: politiche pensate male che aumentano le disuguaglianze. Mentre la Francia ha presentato con un mese di anticipo il suo piano di investimenti “France Relance” da 100 miliardi, di cui 40 finanziati dall’Europa (70 misure previste divise in tre macro aree: 30 miliardi di euro per la transizione ecologica, 35 miliardi per competitività delle imprese e 35 miliardi per promuovere occupazione e formazione giovanile), in Italia un documento governativo elenca 557 progetti per il Recovery Fund arrivati da Ministeri, società partecipate e agenzie pubbliche, lista ancora provvisoria, per oltre 670 miliardi di richieste, più del triplo dei 209 miliardi che l’Italia dovrebbe ottenere da Bruxelles.

I progetti riguardano scuola, sanità, voucher per la connessione, smart working e pagamenti elettronici, detassazione sul lavoro, Tav. Dopo i noti, gravissimi ritardi di ‘Italia Digitale’(così utile anche per risolvere i problemi della Giustizia, come ricorda sempre il Procuratore Gratteri), pare che oggi tutti vogliano digitalizzarsi mutando a resilienti e verdi: si va da “Italia cashless” (10 miliardi) a “Costellazione satellitare” per osservazione della Terra (1,1 miliardi) e satelliti per monitorare lo spazio extra-atmosferico (quando nella TerradeiFuochi non si è mai data attuazione al ricorso a droni per stroncare lungo l’Asse Mediano il fenomeno dei roghi tossici di camorra, progetto del Col. De Caprio che l’UE aveva finanziato oltre dieci anni fa), dal rifacimento di singoli istituti penitenziari alla nuova diga del porto di Genova.

Il ministero della Difesa chiede 79,8 milioni per la ‘mobilità green’ all’interno delle caserme, quello degli Esteri vorrebbe rimettere a nuovo i suoi uffici (13 milioni per «la creazione di un sistema domotico per la gestione coordinata di tutti gli impianti del palazzo», in modo «da raggiungere la building automation e avere un edificio intelligente»; si legge anche di 300mila Euro per «dotare di wifi, in aggiunta alle sale riunioni già cablate, circa 60 stanze assegnate ai vertici dell’amministrazione centrale» e di 14 milioni per il «rifacimento della pavimentazione in marmo del piazzale esterno del palazzo della Farnesina, incorporando nella pavimentazione dei generatori piezoelettrici, in grado di trasformare l’energia cinetica dovuta al passaggio di persone e veicoli in energia elettrica».

Il Ministero della Giustizia mira ad una task force per attuare riforme di suo interesse, chiedendo 1,6 miliardi per il progetto Monitor (Monitoraggio-innovazione-task force-organizzazione-ricerca per la ripresa e la resilienza della giustizia). Il Ministero dello Sviluppo Economico chiede 120 miliardi, di cui 19,5 miliardi per “Safety 5G”, 2 miliardi per introdurre 5G in cento città italiane fino al «sistema dinamico per il monitoraggio e la pianificazione ambientale urbana ad altissima risoluzione spazio-temporale».

Il Ministero della Pubblica Amministrazione propone un piano di “comunicazione e sentiment analysis” per misurare il grado di soddisfazione dei cittadini nei confronti degli uffici pubblici (500mila euro), mentre da quello dell’Innovazione arriva l’idea di una piattaforma Amazon all’italiana da 2 miliardi per «sviluppare piattaforme di e-commerce locali su tutto il territorio italiano per il mantenimento della realtà imprenditoriale e tradizionale italiana».
Chiedono 12,3 miliardi di euro i nove progetti del Ministero dell'Ambiente, dal "Piano per il collettamento e la depurazione delle acque reflue” per abbattere le sanzioni da procedure d'infrazione comunitarie (ma soprattutto, direi, per iniziare a risanare acque interne e marine dall’attuale pesante inquinamento diffuso) alle "Foreste urbane resilienti per il benessere dei cittadini" (azioni per 2,5 miliardi rivolte alle 14 città metropolitane), dal progetto "Green jobs per le generazioni future" (200 milioni), per fare educazione ambientale agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado e formarne i docenti, alle "Piccole isole 100% green" (75 milioni per azioni di adattamento ai cambiamenti climatici, efficientamento energetico e idrico, mobilità sostenibile, gestione del ciclo rifiuti). Il progetto "Ripristino degli habitat e delle specie di Rete Natura 2000" (497 milioni) dovrebbe tutelare e valorizzare il capitale naturale italiano, a partire da habitat e specie di interesse comunitario. Infine si propongono “Innovazione e certificazione per la sostenibilità e la transizione ecologica nelle imprese” (62,85 milioni), "Il fotovoltaico come opportunità di transizione verde. L'introduzione di un bonus per l'energia prodotta e autoconsumata in loco" (113 milioni), "Aria pulita:re-ispiriamoci" (100 milioni) e "Festina lente-Affrettati lentamente" (80 milioni) per alternative ecologiche all'uso dell'auto.

Nella ‘lista della spesa random’ va apprezzata l’assenza, nonostante i ‘ballons d’essai’ estivi (ed estemporanei) su tunnel e ciclovie, di riferimenti al Ponte sullo Stretto, che già tanto è costato al Paese, ma si postulano, per la Salerno-Reggio Calabria, 550mila euro per «ridurre sensibilmente i tempi di percorrenza tra Roma e Reggio Calabria». Infine, non mancano 7 milioni per Replus (Recovery Plan Unitary System), sistema informativo per monitorare i programmi di investimento del Piano e 3 milioni per valutare l’impatto di genere del piano.

Della serie ‘chi più ne ha, più ne metta’, replica scontata dell’ ”assalto alla diligenza” rituale in auge dai tempi delle annuali Leggi di Bilancio dello Stato nell’Italia del debito, quella delle risorse sprecate a pioggia a favore di amici e ‘clientes’. Questa ‘lista della spesa random’, incluse le “varie ed eventuali” denota con terribile crudezza, purtroppo, assenza di visione, strategia politica e cultura della ‘macchina di governo’ all’altezza della sfida di cambiamento che il Green Deal propone all’Europa (e Papa Francesco all’Umanità, con la ‘LaudatoSì’).

Photo by Petr Sevcovic on Unsplash

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