Formazione

Sembrava lo stadio, ero in senato

Politica. Luigi Bobba: il diario dei primi 30 giorni da senatore / Un mese di fuoco raccontato dall’ex presidente delle Acli, oggi neofita dei palazzi della politica

di Luigi Bobba

29 aprile l?armatura e lo stadio Secondo giorno al Senato. A un certo punto ero lì che mi chiedevo se stavo al Senato o allo stadio. Mi sembrava di essere in una tifoseria, ognuno sulla sua curva e fare a gara a chi urla di più. Non è che tutti facessero cagnara, Follini – per dire – non si è scomposto un secondo: erano gruppi limitati ma ben organizzati. Non me lo aspettavo. Negli ambienti associativi, anche quando ci sono momenti di dialettica forte non ho mai visto una così marcata delegittimazione di chi rappresenta un orientamento diverso. Non lo dico perché fa folclore, ma perché l?ho avvertito come un elemento profondo, che ha lasciato il segno. La sera mi ha telefonato mia figlia, che ha vent?anni, e mi ha detto: «Papà, digli di smettere, stanno dando uno spettacolo indegno». Fa effetto, perché dal punto di vista delle relazioni personali non ho trovato ostilità: è come se a un certo punto ognuno dovesse recitare una parte, si mette un?armatura, un costume di scena e diventa attore di una sceneggiatura in cui può succedere di tutto. E quando comincia la rappresentazione saltano tutte le regole, a partire dalla buona educazione. Ancora non immaginavo quello che avrei visto quando i senatori a vita sono andati a votare? 10 maggio il Presidente della Repubblica Quando Bertinotti ha proclamato Napolitano, buona parte del Parlamento ha applaudito, anche tra chi non lo aveva votato. È stato il giorno più bello del mio primo mese da senatore. Peccato che alla cerimonia di insediamento Berlusconi abbia sciupato quell?impressione andandosene prima che finisse l?applauso a Napolitano. 16 maggio le trattative per il governo La politica è totalmente autosufficiente. Le logiche con cui si è formato il governo dipendono tutte dagli equilibri che ci sono all?interno delle forze politiche. Che scoperta! Ma un conto è guardarla dall?esterno, un altro è vederlo dall?interno. Non mi scandalizzo, però non può essere che il manuale Cencelli sia la vera Bibbia civile del nostro paese. Ne ho tratto una lezione: bisogna cambiare in fretta questa legge elettorale. Perché non è questione di Prodi o di un altro: con questo meccanismo di rappresentanza nessuno avrebbe potuto seguire un metodo diverso, era già tutto scritto. 18maggio, la fiducia Ho fatto il mio primo intervento. Ho portato i miei temi ordinari: la povertà, la famiglia, il welfare municipale e comunitario. Mi sono accorto che il mio linguaggio suonava come ?artistico?. Però la scelta dei temi è stata molto apprezzata, evidentemente nell?orizzonte ordinario della politica non sono presenti. I primi che sono venuti a complimentarsi sono stati due esponenti della mia stessa parte politica, però abbastanza lontani da me: Raffaele Tecce, di Rifondazione comunista, e Franca Rame. E poi un senatore di An, Andrea Fluttero. Sono piccoli segni. Da quando sono stato eletto però ho percepito una presa di distanza da parte del mondo del civile organizzato. Sento che per loro io sono diventato ?altro?. Nella nostra cultura delle organizzazioni del sociale tendiamo a vivere la politica come un mondo estraneo, a mantenerci distanti da essa per paura di contaminazione. Questa è una cosa su cui vorrei lavorare. Per incidere di più sul governo ci vorrebbe una comunicazione più virtuosa, una autonomia propositiva, capace di influenzare ma anche di lasciarsi influenzare e non sentirlo come un elemento negativo. La corrente non può essere solo da un lato. 21 maggio la Rosy nel pugno Io sono entrato qui come ?il cattolico?. Lo so. È un tema su cui sto riflettendo molto, perché nel centrosinistra oggi c?è la frontiera più critica per i cattolici che non vogliono essere solo individui che cercano una coerenza personale. Vedo due rischi: quello di essere ridotti a immaginette, di diventare quelli recintati, che parlano solo su alcuni temi, e quello di essere sopportati ma non percepiti come una soggettività politica che ha qualcosa da dire. Questo non aiuta a elaborare una laicità nuova. La nostalgia per la Dc che ancora sento attorno non porta da nessuna parte. C?è bisogno di una prospettiva bipartisan, che in parte c?è già: l?altro giorno sono andato su La7 e di fatto io ero alleato con Alessandra Mussolini. Ma c?è bisogno anche di una cultura che assuma il bipolarismo come elemento ordinario, non come qualcosa che siamo costretti a sopportare sperando duri poco. E poi c?è una forzatura massmediatica, un modo di porsi che estremizza tutto. Basta vedere l?intervista di Rosy Bindi sul Corriere, quella in cui apriva sulla revisione della legge 40 e sul riconoscimento pubblico delle coppie di fatto: una pagina di intervista, ma alla fine quello che contava di più era la vignetta sulla Rosy nel pugno.


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