Welfare

Segre: Via il reato di clandestinità? Ok, ma ora regoliamo i flussi

Intervista al regista de 'La prima neve' e 'Mare chiuso', docente di sociologia ed esperto di flussi migratori. "E' ora di scelte coraggiose, un canale umanitario per i profughi cancellerebbe tragedie, business dei barconi e farebbe risparmiare soldi ai governi Ue"

di Daniele Biella

Il reato di clandestinità è stato parzialmente abrogato in Senato. Questa la notizia. Qual è l’impatto sul mondo dell’immigrazione in Italia e, di conseguenza, sulla popolazione? “Si tratta di un’abolizione ‘mediatica’, tanto effetto e poca concretezza, ma è un’azione comunque positiva, che serve ad aprire un varco verso politiche diverse da quelle tenute negli ultimi anni dal Governo italiano”, risponde Andrea Segre, docente di Sociologia della comunicazione all’Università di Bologna, blogger e regista di vari film tra cui il recente La Prima neve (storia dell’amicizia fra un bambino e un rifugiato del Togo nelle valli del Trentino), Io sono Lì, Mare chiuso e componente del laboratorio di video partecipativo Zalab, con il quale sta promuovendo l’ultima coproduzione, Container 158 (incentrata sulla vita nei campi rom della capitale).

Perché considera l’emendamento del Senato un’abolizione mediatica del reato di clandestinità?
Perché è solo una parte del problema, che viene sempre affrontato con demagogia e mai nei contenuti. Mi spiego meglio, è vero che depenalizzando la prima entrata illegale nel paese, rendendola quindi un semplice reato amministrativo, si riesce a togliere una buona mole di lavoro inutile ai giudici: da quando è entrata in vigore la legge Bossi-Fini, che ha introdotto il reato di clandestinità, essi erano obbligati ad aprire il procedimento penale per i migranti ma ben pochi di loro sono stati condannati. Con le nuove modifiche, questo non avverrà più. Ma resta il fatto che a tale decisione si è arrivati per avere un impatto in termini di consensi e non di critiche: mettere mano più seriamente alla norma avrebbe significato affrontare davvero i nodi che dividono ancora di più l’opinione pubblica, per questo ci si è limitati a una modifica parziale e superficiale.

Quali sono questi nodi da risolvere?
In primo luogo riproporzionare i molti fondi che vengono spesi per la sicurezza a vantaggio di politiche per l’accoglienza. Sto parlando di azioni concrete, come l’investire per progettare flussi regolari di arrivo. La Storia dice che nel momento in cui si aprono le frontiere di un luogo sottoposto a molta pressione migratoria, i problemi diminuiscono e il numero di arrivi si autoregola: vi ricordate quanto è avvenuto per l’Albania? L’esodo si è via via esaurito una volta implementate politiche di gestione degli arrivi, e oggi le persone albanesi possono circolare senza problemi nel nostro paese con un azzeramento attuale dell’immigrazione da quel paese. Anzi, si assiste a un controesodo verso la terra d’origine, soprattutto a causa della crisi.

Quanto incide la crisi sui flussi migratori?
Tutti i dati degli ultimi tempi parlano di una netta diminuzione del numero di immigrati in Italia. Quando si parla di ‘invasione’, di ‘stanno arrivando tutti da noi’ o altre espressioni simili, si tratta di una vera e propria bolla mediatica usata da qualcuno a scopo demagogico e basta.

Si parla tanto delle responsabilità dell’Europa nel problema attuale dell’immigrazione in Italia. La Ue può fare di più?
L’Unione europea chiede da 15 anni all’Italia di chiarire con una legge quadro le proprie politiche sull’immigrazione e sull’accoglienza dei richiedenti asilo, ovvero dettare le regole per chi oggi ha il diritto di venire accolto, perché in fuga da guerre e persecuzioni: oggi è il caso di somali e siriani, domani potrà essere quello delle persone che vengono dal Ciad, per esempio. È chiaro che il regolamento Dublino 2 è superato e va rinnovato, in particolare la questione delle impronte da prendere nel paese di arrivo, dove si è obbligati a fare la richiesta d’asilo anche se si vuole andare da parenti o conoscenti altrove. Il fatto è che una soluzione a questo problema c’è, ed è pure più economica ed efficace degli attuali controlli e dei salvataggi della nave San Marco nel mezzo del Mediterraneo, come sta avvenendo successivamente alla strage del 3 ottobre 2013.

Quale soluzione?
I canali umanitari, che si aprono il più vicino possibile al luogo da cui la persona sta scappando: così facendo si azzererebbe in un colpo solo il business dei trafficanti di uomini e dei barconi. Se parli con le forze di polizia che lavorano in questo ambito, ti dicono la stessa cosa. E ciò avverrebbe con un gran risparmio, ripeto, sugli attuali controlli di sicurezza, sui costi dei Cie,c entri di identificazione ed espulsione, che verrebbero chiusi, finalmente, essendo diventato dei luoghi di detenzione vera e propria e di lesione della dignità umana di persone che non hanno commesso alcun crimine, non solo amministrativa come richiede la Ue. Una volta attivati i canali, si gestiscono le quote di ingresso nei vari paesi, con un certo criterio: se la Svezia pone paletti al fatto che non tutti debbano finire lì, può farlo perché arriva ad accogliere 50mila rifugiati all’anno, mentre noi che siamo a 4mila non abbiamo molto da chiedere, non avendo nemmeno la legge quadro.

In Italia si sta per aumentare la quota annuale di richiedenti asilo, giusto?
Esatto: lo scorso ottobre il governo ha quadruplicato tale numero, che passa nel 2014 a 16mila unità. L’ha fatto in sordina, tant’è che quasi nessun mezzo di informazione ha ripreso la notizia, e il motivo è sempre lo stesso, la paura della baruffa politica, che nasce dal peso negativo mediatico che una notizia del genere può dare. Invece è grazie ad azioni del genere che ci si allinea alle direttive Ue e si trovano soluzioni concrete e non propagandistiche al problema.

Se è anche la via più economica, perché a livello politico non prende piede il canale umanitario come soluzione che, tra l’altro, eviterebbe le morti nel Mediterraneo?
Qual è il politico che prende una posizione del genere? Nessuno, perché si scontrerebbe con le parole d’ordine di oggi, ovvero sicurezza, controlli, frontiere. Invece servirebbe uno scatto in avanti, contro la demagogia, perché l’accoglienza è possibile, se regolata, e migliorerebbe le condizioni di tutti.

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