Non profit
Segnali di vita a Mezzogiorno
fondazione sud al via Savino Pezzotta commenta i risultati dei primi bandi
di Redazione

Parlare meno di ciò che nel Mezzogiorno non va. Stimolare una tensione imitativa al positivo. Accompagnare e valorizzare le tante capacità progettuali. A un anno dalla creazione della Fondazione per il Sud, il presidente Savino Pezzotta traccia un primo bilancio e guarda al futuro: «Quest’anno ci occuperemo dei beni comuni e di creare sinergie per sostenere lo sviluppo territoriale. Nel 2009 sarà la volta della questione socio-sanitaria e dell’interculturalità».
Etica&Finanza:: Avete rispettato i tempi che vi eravate dati…
Savino Pezzotta: Abbiamo sforato di un paio di settimane, ma sa, 15 giorni non cambia gran che… Va piuttosto evidenziato che abbiamo fatto tutto in meno di otto mesi. Il lavoro operativo ha preso avvio in marzo, aprile: in meno di sei-sette mesi questa fondazione è arrivata ad erogare.
E&F: Avete ricevuto molti progetti?
Pezzotta: Ad oggi 1.400, fra education e formazione di alta qualità, che erano i temi del 2007. Cose scritte, concrete, con obiettivi. Al di là dei tanti discorsi, la fondazione è riuscita a suscitare interesse.
E&F: E il livello di questi progetti?
Pezzotta: Non abbiamo voluto essere noi a fare la selezione. Avrebbero potuto sorgere dei conflitti di interesse essendo la fondazione costituita per metà dalle fondazioni bancarie e per metà dal terzo settore. Per trasparenza abbiamo affidato a una società terza, qualificata. Va anche detto che essendo la prima esperienza, questa fase è di verifica anche per noi, per eventualmente correggere, ritarare.
E&F: ll bando 2007 riguardava anche le fondazioni di comunità…
Pezzotta: Abbiamo adesso una serie di dichiarazioni di interesse. Abbiamo avviato almeno con due realtà un confronto estremamente concreto per capire se ci sono le condizioni della loro realizzazione. Anche su questo stanno emergendo delle attenzioni. È il terreno su cui avevamo più preoccupazioni: creare una fondazione di comunità è molto più complesso che non elaborare un progetto su bando.
E&F: E che idea si è fatto del Sud?
Pezzotta: Che il Mezzogiorno non è solo i rifiuti di Napoli, c’è una società civile che ogni tanto si mette a fare. Chi ha a cuore la cosa pubblica dovrebbe guardare con attenzione a questo fatto. Se la fondazione riesce a mobilitare tanti progetti vuol dire che nel Mezzogiorno ci sono risorse, capacità, voglia di fare che andrebbero valorizzate al di là di noi che siamo una piccola cosa. Certo è puntiforme, è variegato, non tutte le realtà sono uguali, ma dentro il Mezzogiorno ci sono cose che si muovono, sono interessanti e vanno seguite con attenzione. È un invito non solo alla fondazione, che lo fa per sua mission, ma anche per il pubblico, per le altre dimensioni credo anche per quella ecclesiale: capire che c’è una voglia di fare, la metterei così, di impegnarsi. Questo carotaggio che per la prima volta la fondazione fa chiamando a progetto mi pare stia dando risultati interessanti.
E&F: Perché si riferisce alle realtà ecclesiali?
Pezzotta: Perché nel Mezzogiorno operano anche loro, ad esempio attraverso il progetto Policoro. Sono convinto che il Sud debba tornare a essere al centro dell’attenzione di tutti i soggetti che operano nel nostro Paese. Si parla troppo poco del Mezzogiorno, si parla molto delle sue disgrazie – i rifiuti, la camorra, la mafia – meno delle cose positive. Viceversa bisogna creare, diciamo così, una tensione imitativa al positivo: se emerge solo il negativo l’imitazione è solo sul negativo e questo non credo serva al nostro Paese.
E&F: E per il 2008?
Pezzotta: Abbiamo completato il programma triennale fino al 2009. Per quest’anno ci occuperemo dei beni comuni, con un’attenzione particolare a quelli ambientali, parchi e beni culturali. Dopo di che lanciamo una cosa abbastanza innovativa: un intervento per le aree più deboli con l’intento di stimolare la creazione di sinergie per affrontare la questione dello sviluppo territoriale. Nel 2009 sarà la volta della questione socio-sanitaria, con particolare attenzione alle cronicità, alle esclusioni, ai non autosufficienti, alle malattie psichiche. Affronteremo anche la questione della mediazione culturale: come accompagnare gli immigrati di seconda generazione in un processo di interculturalità che a noi sembra essenziale anche per il Paese.
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