I l 2009 si presenta agli europei come un altro anno decisivo per la storia dell’Unione Europea. Due sono gli appuntamenti clou: quello più importante, e forse il meno pericoloso, è il referendum irlandese sul Trattato di Lisbona. Dopo il “no” clamoroso incassato nel giugno scorso, Bruxelles ha giurato a se stessa che l’ultimo Paese chiamato a (ri)pronunciarsi sulla nuova Europa di domani questa volta voterà “sì”. Che la posta in gioco sia altissima ce lo ricorda il direttore dell’agenzia di informazione Agence Europe. Per Ferdinando Riccardi, la ratifica del Trattato di Lisbona consentirà la nascita di un’Europa più democratica e più agile rispetto all’attuale mostro burocratico. Da qui l’importanza cruciale del secondo appuntamento, fissato nel 2009: tra il 4 e il 7 giugno oltre 350 milioni di europei (il più grande elettorato del mondo dopo l’India) si recheranno alle urne per rinnovare il Parlamento Ue.
Per la prima volta romeni e bulgari parteciperanno a un’elezione europea che si annuncia storica. In caso di ratifica del nuovo Trattato europeo, i prossimi 750 parlamentari avranno poteri decisionali molto più ampi rispetto a quelli attuali. Questo significa che per i circa 47 milioni di italiani aventi diritto al voto, mai come nel prossimo anno la scelta di partecipare alle europee si rivelerà così importante.
Non sarà una tornata facile, soprattutto se si considera che negli ultimi 16 anni l’affluenza alle urne europee è precipitata dal 63% del 1979 al 49,8% del 1999, per scendere fino al 45,6% nel 2004. Nelle ultime elezioni, il Partito popolare europeo (Ppe) ha conquistato la maggioranza relativa con 288 seggi, 28 in più del Partito socialista (Pse).
Alla luce del vento che soffia nelle principali capitali dell’Europa, le destre europee dovrebbero avere vita abbastanza facile e aumentare il distacco. I vari Sarkozy, Merkel o Berlusconi non chiedono altro.
Di sicuro, un parlamento forte consentirà all’Europa di affrontare al meglio i due ostacoli maggiori che l’aspettano nel 2009: una crisi economica che si annuncia durissima e la Conferenza sul clima fissata a Copenhagen per la fine dell’anno.
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