Formazione

Secondo posto. Gianni Amelio, regista. Tu sei un maestro di cinema necessario

Il film per lui non finisce con la parola «the end». Il film continua nella vita. Così gli è capitato di adottare un giovane albanese che è diventato come suo figlio.

di Daniele Segre

La prima volta che ho incontrato Gianni Amelio è stata al Centro sperimentale di cinematografia di Roma. Lui era nel comitato scientifico della scuola e io ero agli inizi della mia attività di docente del corso Cinema e realtà: insieme dovevamo valutare i nuovi allievi che si proponevano per il corso di regia della scuola più prestigiosa del cinema italiano. È stata un?esperienza per me importante, nutriente e molto stimolante potermi confrontare e ragionare con il più importante autore cinematografico italiano contemporaneo. Gianni è un uomo passionale, vero, con alle spalle una storia difficile di immigrato calabrese a Roma. Per molti anni, prima che potesse girare Le chiavi di casa, non gli è stato permesso di fare il suo mestiere di regista per clausole contrattuali nefaste che lo legavano a Vittorio Cecchi Gori e lui, come è ovvio, ne soffriva molto e cercava in tutti i modi di resistere a una situazione ingiusta e volgare. Gianni è anche un uomo che ha deciso di adottare un giovane albanese, che di fatto è diventato suo figlio, e per il quale fa molto, moltissimo, come un padre vero; forse lui non vorrebbe che di queste cose si parli, ma io credo che sia giusto, almeno in questa occasione, parlare anche di questo per meglio raccontare la vita di un uomo che cerca di evitare il più possibile il palcoscenico dei talk show televisivi, di vivere un facile protagonismo che non gli appartiene e che gli dà molto fastidio. Durante l?ultimo Festival di Venezia, come inviato di Vita ho avuto l?onore d?intervistarlo e la sua intervista è stata molto importante per le cose che ha detto, per le cose che ha cercato di far capire con il suo ultimo film Le chiavi di casa: «Chi sono io per entrare come un intruso in questa vita? Devo crearmelo io questo figlio handicappato, devo partorirlo, se no il film non lo faccio». «E allora c?è stato questo parto, e questo parto è stato facilissimo perché, quasi non ci si crede, ma esistono i miracoli in questo mondo, ci sono i miracoli!…». Caro Gianni, grazie per quello che sei riuscito a trasmetterci, grazie per la tua dolcezza e la tua durezza, grazie per l?intensità con la quale ci hai trasmesso emozioni che ci appartengono, ma che abbiamo paura a svelare, grazie per la tua caparbietà a raccontarci storie che ci aiutano a maturare, grazie per il tuo cinema così essenziale e necessario.


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