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Seconda generazione /Scuola: via Quaranta, il caso resta aperto

Pietra dello scandalo era stata una proposta di inserire una classe di soli allievi musulmani presso un istituto superiore della citt

di Selena Delfino

Carlo Giunipero, insegnante

Sembrano passati anni luce dalla polemica legata alla scuola islamica di via Quaranta a Milano. Pietra dello scandalo era stata una proposta, sostenuta dall?islamista Paolo Branca e da un gruppo di docenti e ricercatori dell?università Cattolica, di inserire una classe di soli allievi musulmani presso un istituto superiore della città. Il progetto avrebbe dato ai ragazzi la possibilità di proseguire gli studi in mezzo a coetanei italiani, con un percorso scolastico legalmente riconosciuto.

Spenta la polemica che ha impedito a quei ragazzi di inserirsi in una scuola pubblica, nulla è cambiato. La scuola del centro islamico di via Quaranta continua a funzionare, ed è frequentata da circa 500 bambini. Ne abbiamo parlato con Carlo Giunipero, coordinatore del progetto Laboratorio interculturale dell?università Cattolica di Milano.

Vita: Di cosa vi occupate esattamente, professore?
Carlo Giunipero: Quello che il Centro studi sul disagio e il disadattamento dell?università Cattolica sta cercando di fare da diversi anni, è occuparsi di quella parte di studenti, sicuramente minoritaria, che va incontro alla dispersione scolastica. Per questo ho conosciuto il centro islamico milanese, i suoi dirigenti e i bambini, a cui insegno italiano.

Vita: Costituire una scuola parificata, con programmi e insegnanti italiani e materie come la lingua araba e la religione islamica, è una via percorribile per l?integrazione?
Giunipero: Dal punto di vista giuridico sì. Però ci vogliono delle risorse: locali adatti, insegnanti competenti e preparati alla gestione di un simile progetto. Dunque, non è una proposta di immediata attuazione. Mi chiedo, poi, se questa sarebbe la scelta giusta. Da anni lavoriamo per l?integrazione di questa comunità chiusa, ed è per questo che avremmo voluto permettere ai bambini di frequentare un istituto italiano.

Vita: Il rischio, però, potrebbe essere quello di imporre un nostro modello ?
Giunipero: Penso che sia un falso problema. Trovo che la cosa fondamentale sia permettere a queste persone di conoscere la scuola italiana e che da parte delle istituzioni ci sia uno sforzo concreto.

Vita: A cosa si riferisce?
Giunipero: Ad esempio all?insegnamento, in orario curricolare o extracurricolare, della lingua araba o della religione islamica, a soluzioni ad hoc, magari a percorsi speciali per evitare che 500 ragazzini crescano senza gli strumenti per affrontare la vita nel nostro Paese. Come spesso accade, si fa un grande dibattito su questioni di principio, ma poi, nel momento in cui è necessario lavorare sulla realtà, ci si limita alla contrapposizione fra un ?noi? che parla a proposito di un ?loro?.

Vita: Ma spesso la differenza sono proprio loro a cercarla?
Giunipero: Certo, ma non bisogna farsi intimorire. Quando penso al mio lavoro, penso sì alle difficoltà, ma anche all?ottimismo che suscita in me la conoscenza dei ragazzi: hanno delle capacità e delle risorse di mediazione sorprendenti.

Vita: Lo dice per esperienza?
Giunipero: Sì, negli anni siamo persino riusciti a insegnare educazione fisica alle ragazzine. E sono state proprio loro a farsi mediatrici di se stesse, parlando con i genitori e portandoli a conoscerci.

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