Famiglia

Se vuoi la pace prepara la pace

All'indomani della tregedia di Madrid, alla vigilia dell’anniversario della guerra in Irak, anticipiamo l’editoriale di Vita in edicola e una nostra grande iniziativa editoriale

di Riccardo Bonacina

All?indomani della tragica strage di Madrid con suo carico di dolore e angoscia, e alla vigilia dell?anniversario della guerra mossa dalla coalizione anglo americana all?Iraq del dittatore Saddam Hussein, la prossima settimana proporremo a tutti i nostri lettori una straordinaria iniziativa editoriale. In edicola, accanto al settimanale Vita, avrete la possibilità di acquistare un grande libro, ?Il libro della pace?, una raccolta antologica delle lezioni di chi la pace l?ha pensata e praticata. Centoventi pagine che raccolgono scritti di Francesco d?Assisi, Erasmo da Rotterdam, Kant, Tolstoj, Gandhi, Einstein, Freud, Luther King, Giovanni XXIII, Aldo Capitini, don Mazzolari, don Milani, Bobbio, Langer, Marco Revelli, Giovanni Paolo II. Non perdete quindi l?appuntamento con l?edicola da venerdì prossimo e cominciate a prenotare il libro presso la vostra edicola.

Giusto un anno fa, un grande poeta, Mario Luzi, in un?intervista al Corriere della sera aveva detto, commentando le grandi mobilitazioni pacifiste, che ?la pace è ormai entrata nella grammatica mentale di gran parte degli uomini?. Ecco, l?anno che è passato da che si è dato inizio a quella guerra illegale, per i modi e le false motivazioni, e sciagurata per le conseguenze di dolore e l?odio seminato (la caduta di Saddam non può compensare dolore e la semina di odio perché perseguibile altrimenti), dimostrano come questa grammatica mentale vada sempre allenata e alimentata. In un anno tutto è cambiato, e dopo Madrid, osiamo dire, anche tutto si è aggravato.

Le discussioni cui abbiamo assistito in queste settimane, nel Paese e in Parlamento, per esempio, a proposito della presenza dei nostri militari in Iraq dimostrano quanto sia necessario corroborare, nutrire incessantemente un pensiero di pace.
Alla brutalità utopica dei neo-conservatori per cui l?uso della guerra e della violenza, anche preventiva, per risistemare il mondo secondo la propria misura (e le misure e gli interessi vanno tutti insieme, quelli economici, del proprio benessere, della propria inflluenza), non ci si può opporre con una brutalità utopica uguale e contraria, quella della pace ?senza se e senza ma?. Queste sono, scorciatoie buone per i dibattiti nei bar sport della politica televisivi o per la campagna elettorale o, ancora, per chi è in cerca di un seggio.
Giustamente Romano Prodi in un intervista a Nigrizia (mensile dei Comboniani) ha detto ?Non c?è alternativa a una credibile capacità militare di dissuasione, se si vuole preservare, garantire o imporre la pace. Se non si è in grado di dispiegare truppe di interposizione, non si fa politica estera o politica di mediazione diplomatica nelle aree più calde del mondo. Questa è la spietata lezione che la guerra in Iraq ha dato a tutti ?. Prodi, sottolinea un nodo ineludibile per chiunque abbia a cuore un futuro di pace.
D?altra parte già nel 1920 (cito dal Libro della pace che sarà in edicola da giovedì prossimo) Mohandas K. Gandhi ammoniva: ?Credo fermamente che laddove non ci sia da scegliere che tra codardia e violenza si debba consigliare la violenza. (?) L?astensione dal castigo equivale al perdono soltanto quando si ha il potere di punire; non ha senso invece quando proviene da una creatura impotente?.

Impotente, per esempio, diventa il continuo invocare l?Onu (in questo numero pubblichiamo un dato sconvolgente: l?Italia da ai caschi blu 161 soldati!), se non si inaugura una grande inziativa di riforma delle Nazioni Unite.

Freud nel 1932, citiamo ancora dal Libro della pace, scriveva: ?Una prevenzione sicura della guerra è possibile solo se gli uomini si accordano per costituire un’autorità centrale, al cui verdetto vengano deferiti tutti i conflitti di interessi. Ora la Società delle Nazioni è stata concepita come suprema podestà del genere, ma essa non dispone di forza propria e può averne una solo se i membri della nuova associazione – i singoli Stati – gliela concedono.

Tuttavia per il momento ci sono scarse probabilità che ciò avvenga?. Sono passati 70 e più anni e la necessità di un?autorità mondiale capace di globalizzare diritti e percorsi di pacificazione è più che mai necessaria, ma chi lavora per questo?

Da dove ripartire quindi per rafforzare un pensiero di pace? Il consiglio di Freud è da appendere nelle nostre stanze: ?Credo che la ragione principale per cui ci indigniamo contro la guerra è che non possiamo fare a meno di farlo. Siamo pacifisti perché dobbiamo esserlo per ragioni organiche. Possiamo dire: tutto ciò che promuove l’evoluzione civile lavora anche contro la guerra?.
Con altre, più semplici parole, Giovanni XXIII diceva (Pacem in terris 1963): La pace in terra è un anelito profondo degli esseri umani, è un obiettivo reclamato dalla ragione, è un obiettivo della più alta utilità. Dalla pace tutti traggono vantaggi?.

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