Welfare
Se una comunità ha a cuore i suoi bambini, deve proteggere i suoi genitori
I numeri indicano che il maltrattamento all'infanzia è diffuso, ancora sommerso e poco affrontato: la preoccupazione di attivare un intervento inappropriato può condurre a minimizzare e alla negazione del diritto di ciascun bambino a vivere in un contesto responsivo. Occorre investire in azioni a supporto delle genitorialità vulnerabili
Non è scontato e non è facile intervenire lì dove vi è una preoccupazione che un bambino viva un malessere. E non è standardizzabile la tutela, ossia quel campo di azioni attraverso le quali si interviene nelle relazioni familiari. A volte il lavoro dei servizi sociali viene visto semplicemente come la longa manus dell’Autorità Giudiziaria, altre volte come esercizio di un potere altamente discrezionale. Raramente si comprende quanto il lavoro di protezione nasca da una pluralità di interventi e si realizzi in una relazione unica e speciale che si misura con quanto le norme, le ricerche, la casistica e l’incontro insegnano. Nonostante le convenzioni internazionali e le leggi del nostro Paese affermino e declinino il superiore interesse del bambino, renderlo esigibile nella quotidianità richiede un’attenzione culturale ed un’operatività che mettono in discussione quelle che sono considerate prerogative assolute del mondo adulto.
Il maltrattamento all’infanzia
La terza edizione dell’Indice regionale sul maltrattamento all’infanzia in Italia (2020) redatta dal Cesvi conferma la gravità della situazione nel nostro Paese e la disomogeneità che rendono difficile la prevenzione e la protezione. I numeri indicano che il fenomeno è diffuso, ancora sommerso e poco affrontato: la preoccupazione di attivare un intervento inappropriato può condurre alla minimizzazione e quindi al maltrattamento di tipo istituzionale, inteso come negazione del diritto di ciascun bambino a vivere in un contesto responsivo.
L'urgenza è riconoscere tempestivamente il multiforme maltrattamento e intervenire prima che i danni prodotti siano irreparabili sul piano emotivo, relazionale, fisico. Avvicinandosi alle vite di bambine e bambini che vivono una condizione di “non buon trattamento” si intercettano le storie degli adulti di riferimento, spesso sofferenti e segnati a loro volta da infanzie infelici. Si incontro donne esposte alla violenza maschile, indebolite nella a loro potenzialità protettiva come madri. È complesso costruire un intervento che protegga i bambini di oggi dalle ferite prodotte dai bambini maltrattati di ieri.
Il sistema dei servizi
I numeri delle ricerche e gli studi della letteratura indicano che la comunità adulta – quella professionale, ma anche quella più ampiamente umana – si attiva con fatica e riluttanza per prevenire e contrastare la violenza all’infanzia. E il sistema politico ed amministrativo non considera ancora – nonostante i dati – il multiforme maltrattamento una priorità. Le carenze del sistema dei servizi, la precarietà, l’insufficienza degli assistenti sociali e delle altre figure professionali deputate alla cura, la non esigibilità in larghe aree del paese dei Livelli Essenziali di Assistenza, come la cura per le vittime che rappresenterebbe una riparazione per i bambini di oggi ed una prevenzione per i genitori di domani, indicano quanto la protezione dei bambini non sia “in cima ai pensieri”.
Il lavoro di protezione invece è fatto di mille sfumature che richiedono un attento ascolto, una profonda osservazione e la necessità di discernere i livelli di rischio, di individuare le risorse residuali, di valutare nel qui e ora come sostenere i genitori perché siano porto sicuro per i loro figli, o se invece il pericolo è tale da richiedere una sospensione della convivenza. Richiede per ciascun assistente sociale il confronto con un'équipe multidisciplinare, la formazione continua e la supervisione professionale.
Verso l'indifferibilità della prevenzione del mal-trattamento
Seguendo l'indicazione di Bowlby – «se una comunità ha a cuore i suoi bambini, deve proteggere i suoi genitori» – occorre investire in azioni a supporto delle genitorialità vulnerabili. Tutta la letteratura indica la necessità di adottare programmi che fin dalla nascita dei bambini possano sostenere ed incoraggiare l’esercizio della funzione genitoriale, ad esempio attraverso l’home visiting. La prevenzione richiede uno sguardo attento e competente della comunità professionale: è un'esigenza dell’assistente sociale avere una formazione adeguata per fronteggiare situazioni con tante sfumature e complessità. È un diritto delle bambine, dei bambini e degli adolescenti incontrare professionisti competenti, anche quando sono inseriti in servizi apparentemente neutri come quelli di contrasto alla povertà. La conoscenza, la riflessività, il confronto possono contemperare i rischi connessi all’impatto con il maltrattamento quali la fuga nelle prassi di fronte a situazioni complesse, oppure la minimizzazione o al contrario la iper complessificazione, con conseguente attivazione di mille servizi senza un’autentica presa in carico relazionale che supporti la genitorialità vulnerabile e protegga i bambini. Ma nonostante ormai sia noto che – lo dicono i dati della Banca Mondiale – a fronte di 1 dollaro investito in prevenzione se ne risparmiano 7 in interventi riparativi, la prevenzione del maltrattamento e la promozione della genitorialità positiva non trovano spazio adeguato nei bilanci pubblici del nostro Paese.
*Marianna Giordano, Assistente sociale, Referente CISMAI per la Regione Campania
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