Non profit
Se non ora quando?
Nei mesi scorsi come Fondazione Italia Sociale abbiamo proposto di modificare la legge su successioni e donazioni per rendere più facile il sostegno al non profit. Oggi la crisi giustifica un’ulteriore proposta: una “donazione obbligatoria” da parte di chi ha patrimoni finanziari superiori al milione di euro. L’uno per mille una tantum a favore di un fondo di recovery per le tante organizzazioni non profit
di Enzo Manes
L’attenzione di tutti oggi va in un’unica direzione. Tutto si misura sullo sforzo per venire fuori dall’emergenza. Le donazioni – sull’onda dell’emozione – si concentrano sulle strutture sanitarie. Le storie dei giornali esaltano chi è in prima linea a combattere il virus. Il senso civico riemerge come responsabilità verso i più deboli cui vogliamo risparmiare il contagio.
Mobilitazione incoraggiante ma come farla durare? Prima di Covid-19 avevamo a che fare con emergenze sociali, sebbene più silenziose. E in gran parte le ritroveremo, moltiplicate, a crisi finita. Prima del contagio da virus avevamo persone e organizzazioni che si dedicavano a chi ha bisogno di assistenza. E ne avremo ancora più bisogno di fronte all’aumento della povertà e dell’insicurezza che seguiranno, per le quali nessun vaccino è in arrivo. Un settore non profit in salute e robusto è necessario per lo sviluppo del Paese, anche senza la minaccia di una pandemia. Perciò è giusto dargli i mezzi per non soccombere a questa crisi.
A tempi eccezionali corrispondono rimedi eccezionali. Nessuno oggi obietta se il debito pubblico cresce per far fronte all’emergenza anche se gli effetti si faranno sentire per anni su tutti i cittadini. Una situazione tanto straordinaria dovrebbe però darci il coraggio di spingerci oltre. Se indebitarci di più come Paese non ha alternative nel breve periodo, il periodo che viviamo apre a una riflessione sulla ricchezza privata. Va bene ricorrere alle risorse pubbliche ma perché non mobilitare anche quelle private, in particolare di chi ne ha di più? Specie per dare sostegno a quel Terzo settore così fondamentale per la nostra coesione sociale.Negli anni la ricchezza privata è cresciuta quasi di pari passo con il debito collettivo. Con circa 10mila miliardi di euro tra beni mobili e immobili, siamo tra i paesi con la più alta patrimonializzazione di individui e famiglie, sia pure mal distribuita. Il private banking da solo ha in gestione 912 miliardi di euro di un milione di clienti facoltosi. Nel prossimo decennio un italiano su cinque non avrà eredi diretti: centinaia di miliardi sono a rischio di dispersione. In poche parole, immense risorse dormono nei portafogli privati e urge volgerne una parte al servizio del bene comune.
Di patrimoniale, si sa, è impossibile parlare. Ma anche senza toccare il tabù nazionale ci possono essere altri strumenti. Nei mesi scorsi come Fondazione Italia Sociale abbiamo proposto di modificare la legge su successioni e donazioni per rendere più facile il sostegno al non profit. Oggi la crisi giustifica un’ulteriore proposta: una “donazione obbligatoria” da parte di chi ha patrimoni finanziari superiori al milione di euro. L’uno per mille una tantum a favore di un fondo di recovery per le tante organizzazioni non profit che non beneficiano dei provvedimenti del governo. Chi ha un milione di euro o più non potrebbe destinare mille euro per sostenere il non profit italiano?
*Presidente Fondazione Italia Sociale
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