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Se ne va, no resta… il giallo delle dimissioni. E Brahimi se ne and

Sabato 5 giugno: sarebbe questa la data in cui l’ex ministro degli esteri algerino ha rimesso nelle mani di Kofi Annan il difficile incarico.

di Paolo Manzo

Lakhdar Brahimi si è dimesso dall?incarico di inviato speciale dell?Onu in Iraq, denunciando il fatto di essere stato messo da parte dagli Stati Uniti durante il processo di formazione del governo ad interim. La notizia, di per sé, è di quelle che dovrebbe riempire le prime pagine dei giornali di mezzo mondo, soprattutto se si considera che l?ex ministro degli Esteri algerino era stato nominato appositamente da Kofi Annan per scegliere i componenti del nuovo governo iracheno che s?insedierà mercoledì 30 giugno. E invece nulla. Lo scoop era apparso sulla prima pagina del quotidiano israeliano Haaretz domenica 13 giugno: Shlomo Shamir, inviato a New York, aveva sparato la notizia delle dimissioni di Brahimi, citando «fonti diplomatiche certe» del Palazzo di Vetro. In Italia, il Corriere della Sera si affrettava a smentire la notizia, dando spazio a un?agenzia in cui il portavoce Onu, Stephane Dujarric affermava che non era vero nulla e che, semplicemente, erano scaduti i termini del mandato di Brahimi. Piccolo particolare: la nomina con cui Brahimi è stato designato inviato per l?Onu in Iraq non ha scadenza. Secondo piccolo particolare: Stephane Dujarric, amico personale di Shlomo Shamir, ha di fatto confermato tutto in forma «confidenziale» all?autore dello scoop subito dopo la pubblicazione dell?articolo. In due telefonate notturne, il portavoce prima, arrabbiatissimo, si scagliava contro Shamir, smentendo la notizia. Nella seconda, invece, tornava sui suoi passi, ammettendo che il giornalista aveva ragione. «Gli è scaduto il mandato», la giustificazione addotta: una bugia detta a un amico, sapendo di mentire. Nessuna smentita Di tutto questo sulla stampa non è apparso nulla ma, proprio perché vera, la notizia non è stata smentita da Haaretz (né è stata richiesta la rettifica al quotidiano israeliano dal Palazzo di Vetro che, quando si arrabbia sul serio con la stampa, si fa sentire eccome) e, sempre perché notizia vera, l?Onu non ha diramato alcun comunicato per chiarire. Ma come sono andate le cose e chi ha ?fatto fuori? Brahimi? Secondo le fonti di Haaretz, alle Nazioni Unite si sta già cercando un sostituto per l?Iraq, anche se Brahimi non ha ancora presentato, al 15 giugno (data di chiusura del presente numero di Vita, ndr), alcuna lettera ufficiale di dimissioni. L?ex ministro degli Esteri algerino, un mese fa circa, era stato dipinto, anche dagli stessi vertici dell?amministrazione statunitense, come l?uomo chiave per il processo di transizione iracheno, ma queste dichiarazioni d?intenti non si sono trasformate in fatti concreti: né gli Usa né i membri del Consiglio di governo a loro vicini hanno dato spazio all?inviato dell?Onu. Il quale, una volta esaminata la composizione del nuovo governo iracheno ad interim, e soprattutto dopo aver verificato la nomina del primo ministro Ayad Allawi, uomo dell?MI6 e della Cia (cfr. Il nuovo Iraq who’s who) è sbottato. E il 2 giugno ha reso noto il suo pensiero in una conferenza stampa: «Mr Bremer è il dittatore dell?Iraq. Lui ha i soldi. Lui ha la firma. In questo Paese non succede nulla se lui non è d?accordo». Per questo, da alcuni giorni, Brahimi è diventato ?solo? un consigliere personale di Kofi Annan per il mondo, e non più l?inviato speciale dell?Onu in Iraq. Quella sera in albergo La data chiave per svelare il ?mistero Brahimi? è il primo weekend di giugno, perché «fu proprio sabato 5 giugno sera», spiega a Vita Shlomo Shamir da New York, «che durante una delle riunioni informali organizzate da Kofi Annan con i più stretti collaboratori e gli ambasciatori in missione permanente, Brahimi fece l?annuncio, spiazzando tutti i convitati». La riunione era stata organizzata da Annan, come accade ogni dieci giorni, in un hotel di Long Island. Per questo quando il 14 giugno Brahimi ha parlato a Istanbul di Iraq, leggendo un messaggio di Annan, lo ha fatto nella sua nuova veste e non più come inviato in Iraq. Tutta questa storia, soprattutto la serata di Long Island in cui l?ex ministro degli Esteri algerino ha annunciato le sue dimissioni, in polemica con Paul Bremer, è stata confermata a Shamir da tre ambasciatori permanenti presso il Consiglio di sicurezza presenti la sera del 5 giugno. Uno dei tre è, guarda caso, il rappresentante permanente per l?Algeria, Paese che sarà membro del Consiglio di sicurezza sino al 31 dicembre 2005. A questo punto resta una domanda. Perché l?Onu, e nello specifico Kofi Annan, non ha reso subito pubbliche le dimissioni di Brahimi? Probabilmente perché, prima di farlo, occorre trovare un degno sostituto per l?Iraq. Poi perché, attualmente, l?Onu non ha nessun interesse a creare né a rendere pubbliche tensioni con Washington il cui ruolo – è bene ricordarlo – resta imprescindibile affinché la Risoluzione 1546 (quella che ha rimesso in pista il Palazzo di Vetro a Bagdad) possa essere applicata. Un «do ut des», insomma. Ma la verità è un?altra, e resta quella venuta a galla sabato 5 giugno, in un hotel di Long Island.


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