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Se lo Stato chiede aiuto alle ong per il soccorso in mare

La realtà si incarica di smentire e di smontare le assurde norme contenute nella legge 15 del 2023 (legge Cutro). Legge contro cui le ong ricorrono in sede europea

di Riccardo Bonacina

Nel giorno in cui l’Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione (ASGI), EMERGENCY, Medici Senza Frontiere (MSF), Oxfam Italia e SOS Humanity presentano un reclamo alla Commissione europea per chiedere un esame della nuova legge italiana in materia di gestione dei flussi migratori (15/2023) si viene a sapere che il 6 luglio scorso la Guardia Costiera ha chiesto l'intervento di Open Arms (l'ong che ha denunciato il ministro Salvini) per effettuare sei operazioni di salvataggio in coordinamento con il Comando generale delle capitanerie di porto di Roma.

Sarebbe la stessa pressione migratoria, con particolare rilievo il flusso che si muove dalla Tunisia, a rendere inapplicabile parte del decreto Cutro. Tra l’altro, a poca distanza dai salvataggi multipli di Open Arms, altre 700 persone sono state recuperate grazie a più operazioni in serie compiute da altre ong: quattro soccorsi di fila per la Geo Barents, cinque per Humanity, in piena deroga rispetto alle disposizioni dello stesso governo. Veronica Alfonsi, portavoce della ong spagnola, in un colloquio con il Foglio, definisce «paradossale il fatto che Salvini sia in un governo che ci chiede aiuto per fare salvataggi.

Nel loro ricorso alla Commissione europea le ONG evidenziano come la nuova normativa sollevi gravi preoccupazioni riguardo la sua compatibilità con il diritto dell'Unione Europea (UE) e gli obblighi degli Stati membri ai sensi del diritto internazionale in materia di attività di ricerca e salvataggio in mare.

La Commissione europea è la custode dei trattati dell'UE e garantisce che gli Stati membri rispettino il diritto internazionale e comunitarioafferma Giulia Capitani, policy advisor su immigrazione e asilo di Oxfam Italia. "Dovrebbe sostenere e proteggere i diritti fondamentali di tutte le persone in Europa. Invece, sono le ONG a riempire il vergognoso vuoto in mare lasciato dagli Stati membri dell'UE. Invece di ostacolare il loro lavoro, le ONG andrebbero coinvolte nella creazione di un sistema adeguato di ricerca e soccorso in mare".

La nuova legge italiana prevede che le imbarcazioni si dirigano senza ritardi verso il porto assegnato dopo la prima operazione di salvataggio, limitando così l’azione delle imbarcazioni nel fornire assistenza ad altre barche in difficoltà. La norma obbliga, inoltre, i capitani a fornire alle autorità italiane informazioni non meglio specificate sul salvataggio effettuato, portando a una richiesta di informazioni eccessive.

La nuova legge è aggravata dalla recente prassi delle autorità italiane di assegnare porti lontani per lo sbarco. Questa politica non è prevista da alcuna normativa, ma è diventata una pratica comune dal dicembre 2022, facendo aumentare significativamente i tempi di viaggio e limitando di conseguenza la presenza delle navi umanitarie nella zona di ricerca e soccorso.

Le cinque ONG ritengono che la combinazione di queste misure imponga restrizioni ingiustificate alle operazioni di ricerca e soccorso e limiti drasticamente la loro capacità di salvare vite in mare.

“Ogni giorno trascorso lontano dalla zona di ricerca e soccorso, sia se sotto fermo sia se in navigazione verso un porto lontano, mette a rischio vite umane” afferma Djoen Besselink, responsabile delle operazioni di MSF. “La legge colpisce le ONG, ma il prezzo più alto sarà pagato dalle persone in fuga attraverso il Mediterraneo che si ritroveranno su un'imbarcazione in difficoltà”.

Ma come le notizie di oggi rilevano, prima delle autorità europee è la stessa realtà a smentire il decreto Cutro, mettendo in rilievo la carica ideologica che la realtà non consente di vedere.

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