Cultura

Se l’Italia va scuola da eCampus

di Giuseppe Frangi

 Appena varcato il confine di Chiasso al ritorno da un viaggio in Germania, mi sono trovato davanti un grande cartellone pubblicitario che reclamizzava l’università telematica eCampus. La cosa mi ha lasciato immediatamente perplesso per due motivi: venivo da un migliaio di chilometri in zone d’Europa francamente meno belle delle nostre e non credo di aver mai incrociato lo sguardo su un cartellone pubblicitario. I cartelloni infatti sono banditi in quanto forma pubblicitaria infestante che rovina paesaggio e orizzonti cittadini. In Italia invece dilagano in assoluta anarchia, a rovinare un paese che dovrebbe avere nella bellezza il primo valore da custodire. La seconda cosa che mi ha lasciato perplesso è chi fosse il destinatario, in quel primo lembo di territorio italiano, nel valico più frequentato, di quel messaggio. ECampus  è un’università online, nata dalle costole del discusso Cepu. Il cartellone forse pensa di intercettare l’interesse dei “ricchi” lavoratori transfrontalieri? O addirittura di studenti della Svizzera italiana? Non so rispondere. Comunque la cosa mi è sembrata insieme bizzarra e inquietante.  Proprio qualche giorno fa avevo letto una corrispondenza dell’Herald Tribune che spiegava come uno dei grandi problemi dell’Italia sia proprio l’incapacità di dare una formazione adeguata alle nuove generazioni. Così chi può se ne va a studia altrove e poi difficilmente ritorna. L’Herald riferiva di dati del Miur secondo i quali l’86% dei professori sia sopra i 50 anni di età, percentuale che scende a 60 per i professori associati (addirittura il 30% dei ricercatori ha più di 50 anni!). Viene la pelle d’oca al pensiero che la risposta a questa situazione decrepita stia tutta nell’improvvisazione tutta commerciale di iniziative stile eCampus.

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