Animali da salvare
Se “Libé” mette il delfino in prima pagina
Stamane uno dei più importanti giornali europei, Libération, dedica la prima pagina e le quattro successive alla vicenda della moria di delfini nel Golfo di Guascogna, per la quale il Governo ha imposto un prolungato fermo alla pesca in una vasta area. Dal quotidiano fondato da Sartre, un'accurata inchiesta sui vari studi che hanno portato a individuare cause e concause ma soprattutto una lezione: occuparsi di certe questioni è decisivo
Tra tutte le urgenze, novità e tensioni internazionali di cui siamo spettatori inermi soprattutto dall’inizio di questo nuovo anno, una prima pagina stamane, incuriosisce: sul giornale fondato da Jean Paul Sartre, Libération, oggi primeggia una gigantografia di un delfino che ci accompagna in un lungo articolo sulla grave situazione dei cetacei nelle coste francesi, in particolare nel Golfo di Guascogna quello che, dalla Bretagna, arriva fino alla costa spagnola: 223mila chilometri di mare che raggiunge la profondità di più di 4mila metri. Non solo, alla vicenda sono dedicate le prima quattro pagine. «L’aiutante dei mari», si titola. E lo strillo spiega: «La riduzione della pesca nel Golfo di Guascogna punta a ridurre le catture accidentali del cetaceo che gioca un ruolo di primo piano nell’equilibrio dell’oceano».
Un paradiso per i pescatori che oggi si trovano fermi in porto, per le misure prese in difesa dei cetacei. Il Governo francese ha infatti finito per firmare, nello scorso ottobre 2023, un’ordinanza che ha messo in piedi la previsione della pesca e i periodi di stop, per i tre inverni a seguire
Perché i cetacei morivano (e muoiono)
L’articolo di Alexandra Schwartzbrod è quasi un dossier che ripercorre i passi fatti in questi anni per tentare di limitare le morti accidentali da reti da pesca dei delfini e per spiegare le cause dei sempre più numerosi spiaggiamenti che avvengono in quelle zone, motivati anche dall’incremento delle acciughe le quali, in tempi di riscaldamento dei mari, si riproducono esponenzialmente e sono un piatto prelibato per i delfini. Inseguendo questi branchi, i cetacei si avvicinano troppo alla costa e vengono feriti e uccisi dalle maree.
Ma ancora la responsabilità più grande è l’attività dell’uomo che pesca in quei mari e intrappola “accidentalmente” i cetacei nelle reti che non badano certo alla selezione delle specie.
L’articolo dettaglia come viene motivata la decisione di limitare la pesca in certi periodi dell’anno: «Questa misura che ha permesso l’anno scorso di diminuire di quattro volte le catture accidentali dei cetacei, ha fatto nascere ovviamente del malcontento tra i pescatori, anche se vengono indennizzati dal governo più o meno dell’80% delle loro perdite, ma potrebbe per loro essere invece estremamente conveniente a lungo termine».
Delfino, un marker della salute dell’oceano
Questo perché come spiega il biologo e cetologo Jean-Luc Jung «il delfino è un indicatore di salute dell’oceano, essi partecipano di un equilibrio fragile degli ecosistemi marini e se sparissero tutto si impoverirebbe e i pescatori sarebbero le prime vittime». Queste misure, afferma l’Autrice, potrebbero invece raddrizzare e riequilibrare queste tendenze negative.
«Tra il 2016 e il 2023 i delfini morti per le catture accidentali sono stati fra i 5mila e 10mila animali». Circa 26 associazioni animaliste hanno richiesto questi provvedimenti.
Per motivare questa difesa delle indicazioni governative e rendere ragione della ingiustificabile protesta dei pescatori si fa riferimento alle cifre imbarazzanti sulla crescita delle morti accidentali dei cetacei – oggi quattro volte diminuite, grazie a questa misura – interrogando l’equipe di Pelagis, l’osservatorio speciale per gli studi dei mammiferi marini coadiuvata dall’università della Rochelle e dal consiglio nazionale delle ricerche francese. Nella sala delle necropsie (le autopsie sugli animali, ndr) Cécile Dars racconta che nel 2023 i laboratori erano sommersi di carcasse.
Da queste ricerche si evince appunto come le funi delle reti da pesca intrappolino i delfini e quanto questi incidenti incidano sulla popolazione dei cetacei. Certamente l’empatia che proviamo per questi mammiferi, prosegue l’autrice, accelera le attenzioni, ma dobbiamo considerarli come un segnale di avvertimento per tutte quelle specie meno note o meno empatiche che sono a rischio quanto loro.
Etologi, biologi, naturalisti
Sulla vicenda sono intervenuti i massimi studiosi in materia e Libé ha sentito, con una lunga intervista al biologo marino e professore al Museo nazionale di Storia naturale, Jean-Luc Jung, che spiega quanto sia prioritario preservare i piccoli cetacei della parte atlantica, denunciando la progressiva erosione delle specie acquatiche, rinfrancando la serietà degli studi e affermando con grande allarme che sulla Terra non esiste più un ambiente che sia davvero naturale: inquinanti di origine industriale e mercurio, sono stati trovati in un cetaceo al largo ella Patagonia, zone dove la presenza e l’azione umana è minima. E prosegue: «L’umanità trae dei benefici dall’oceano, la pesca, l’acquacoltura, il traffico marittimo, il turismo, gli sport… ma facendo questo modifica l’ambiente: se si pesca si preleva biomassa, se si naviga si inquina chimicamente e sonoramente e si creano collisioni con gli animali tutte queste attività hanno impatti e noi dobbiamo obbligatoriamente essere molto attenti a mantenere un equilibrio, una co-evoluzione se noi traiamo via troppe risorse dall’oceano come dall’inizio dell’era industriale, questi benefici dell’ecosistema spariranno e i pescatori non avranno più niente da pescare».
E così un tema più volte dibattuto di fronte a un’azione restrittiva, nella speranza di diminuire le morti dei cetacei e riequilibrare quanto abbiamo frodato ai mari.
Ma tornando alla questione iniziale, Schwartzbrod premette che «si dovrebbe essere più vigilanti ora che la prima potenza mondiale è presidiata da un uomo per cui la parola “ecosistema” evoca più Wall Street che i fondali marini». E allora si spiega, forse, perché mentre altri giornali francesi (e anche europei) oggi aprono con le politiche annunciate da Donald Trump, mentre Libération parta da un “dettaglio”.
Il nesso fra i delfini, la politica e noi
Perché forse sono i dettagli che dovrebbero darci la possibilità di vedere il nesso tra i grandi sistemi di governo e la nostra esistenza, tra i proclami e le politiche che sentiamo distanti e troppo grandi per interessarcene, e le conseguenze che ogni giorno dobbiamo subire, che non sono appena un fermo-pesca (che riguardano apparentemente solo i pescatori), ma l’abbrutimento del meccanismo in cui viviamo e che vorremmo difendere, “la banalità del male” insomma, che sottace la vita quotidiana e le nostre scelte sempre più mancanti di un minimo senso di responsabilità.
Non abbiamo voce in capitolo o non vogliamo più averla? L’inutilità della vita di un delfino – benché commossi e stupiti dalla bellezza di queste creature – e la nostra inesorabile indifferenza sono i mandanti che alimentano la stupidità del nostro vivere. Forse la vera notizia da prima pagina è l’assenza di noi a noi stessi. Il perpetuarsi di non voler difendere un “dettaglio” per l’arresa davanti al troppo.
Oggi è un delfino, domani un immigrato: che differenza fanno nel nostro vivere?
Alcune associazioni che si occupano di delfini in Italia.
Sotto il Mare Aps
Delfini del Ponente
Oceanomare
Wwf Italia
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