Famiglia
Se li conosci non li eviterai mai pi
Il 67 per cento degli epilettici si sente discriminato, solamente il 40 ha un impiego stabile. Eppure i nuovi farmaci hanno cambiato parecchio le cose.
Epilessia in Italia: ancora troppe le discriminazioni, soprattutto nel mondo del lavoro. Solo il 40% dei malati, infatti, ha un impiego stabile e l?11% rivela di essere stato licenziato ?spesso? perché affetto da tale patologia. Il 14%, inoltre, ha ammesso di essere stato costretto a rassegnare le dimissioni a causa della propria malattia. La denuncia delle discriminazioni parte dal primo ?Libro bianco delle epilessie in Italia?, presentato il 29 marzo scorso dall?Associazione Italiana contro le Epilessia.
L?indagine, condotta su un campione di 100 adulti e 50 genitori di bimbi con tale disturbo, fotografa la situazione italiana in coincidenza con la campagna ?Uscire dalle ombre? lanciata dall?Organizzazione mondiale della sanità.
I dati raccolti parlano chiaro: gli epilettici, per il 67% dei malati, sono ancora soggetti a discriminazioni. Secondo il 52% del campione, poi, l?epilessia ha pesantemente condizionato il proprio livello di istruzione. Altrettanto pesanti le conseguenze sul piano lavorativo. Secondo il 44% degli intervistati, infatti, la professione svolta è un ?ripiego? condizionato dal male. Un problema che rischia di coinvolgere nel nostro paese sempre più persone.
«L?epilessia è ancora oggi un pianeta tutto da esplorare», spiega Tarcisio Levorato, presidente dell?Aice. «In Italia si stima che circa l?1% della popolazione sia portatrice di questa patologia, quindi almeno 500.000 persone, e l?incidenza è tale che ogni anno si registrano circa 25-30.000 nuovi casi. Così nel nostro Paese il numero dei cittadini che a diverso titolo, o perché affetti dalla malattia o perché familiari di persone malate, si trovano ad avere a che fare con la patologia è di circa due milioni».
Il progressivo diffondersi della patologia non si è tradotto, però, in un maggiore grado di accettazione sociale. Il 67% degli intervistati, infatti, denuncia emarginazione e discriminazioni nel mondo del lavoro e la percentuale delle persone che non hanno mai trovato un impiego è pari all? 8%. Un dato che, oltretutto, potrebbe essere sottostimato: «Purtroppo l?elevata percentuale di non rispondenti alle domande relative al mondo del lavoro proietta ulteriori coni d?ombra sulle reali possibilità di inserimento lavorativo offerte al persone con epilessia», conclude Levorato. Il quadro che emerge dalla ricerca, dunque, è quello di una persona che si trova a dover fronteggiare oltre agli aspetti clinici della patologia anche un carico di problemi che, seppure correlati alla condizione di epilettico, sono direttamente dovuti a difficoltà sociali e relazionali. Due epilettici su tre, infatti, ritengono che l?epilessia sia un male non adeguatamente considerato dalla collettività. Sintomatico, in questo senso, il fatto che il 21% degli intervistati abbia dichiarato di aver dovuto celare la propria malattia negli anni della scuola. Pur essendo una condizione clinica trattabile, l?epilessia è una malattia che può fare paura: e non sono la mancanza di farmaci o terapie adeguate a preoccupare chi ne è colpito. Da questo punto di vista, infatti, la ricerca afferma che i farmaci oggi disponibili sembrano soddisfare più di un epilettico su due, mentre l?84% dei genitori dichiara che i farmaci attualmente utilizzati sono efficaci per migliorare la qualità della vita dei loro figli.
Ancora una volta, il problema più che medico è sociale. Non stupisce dunque se il giudizio generale sul modo in cui il mondo della scuola affronta il problema-epilessia sia decisamente ?poco-positivo?. La maggioranza netta del campione dei genitori (vedi articolo a fianco), infatti, pensa che la scuola sia poco (50%) o per nulla (22%) preparata a recepire le richieste e a soddisfare le esigenze dei bambini affetti da epilessia.
L?opinione di Claudio Munari
Pur essendo una condizione clinica trattabile, l?epilessia è una malattia che può fare paura sia a chi ne è colpito sia a chi si trova ad assistervi. Trovare i modi e le forme per spiegare a chi vive nell?ambiente che frequenta la persona colpita e ancor prima ai suoi familiari cosa vuol dire epilessia significa quindi aiutare a vivere nel miglior modo possibile il problema. Sul piano degli accertamenti diagnostici, sulla messa a punto di strumentazioni sofisticate e sulla disponibilità di farmaci si sono fatti notevoli passi in avanti, a favore delle cinquecentomila persone che in Italia sono affette da tale patologia. Ma alla consistenza numerica dell?epilessia non corrisponde purtroppo un?adeguata copertura del problema dal punto di vista legislativo e di programmazione. Non solo manca una legge che coordini insieme progettualità sociale e attività di ricerca, ma è addirittura assente un qualsivoglia piano di ricerca che stanzi dei fondi. Richiamare l?attenzione quindi sull?epilessia, farla uscire dalle ombre, come recita lo slogan del Oms, è di fondamentale importanza per poter fungere da catalizzatori di interventi efficaci in tema di Sanità pubblica.
Presidente della Lice, la Lega Italiana contro l?Epilessia.
Cifre e giudizi
Malati di epilessia: 500.000
Nuovi casi all?anno: 25-30.000
Si sentono emarginati sul lavoro: 67%
Emarginati dalla società: 50%
Discriminati dalla scuola: 46%
Ritengono efficaci i farmaci: 61%
Giudizio sui servizi: socio sanitari: sufficiente= 14% buono= 27%
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.