Mondo

Se l’euroburocrazia fa strage delle piccole ong

Giro di vite a Bruxelles per evitare di gestire troppi progetti si cambiano i requisiti, riusciranno ad accedere ai fondi solo le organizzazioni di grosse dimensioni;in rivolta le piccole associazioni

di Carlotta Jesi

Accompagnata dalla scritta new, novità, che lampeggia sul sito Internet dell’Unione europea, la notizia è di quelle che non passano inosservate. Anzi, il 29 dicembre, giorno della sua prima apparizione sul server di Bruxelles, scatena una violenta reazione da parte delle piccole ong europee impegnate nella difesa dell’ambiente. Che a “The European Voice”, settimanale di informazione sulle Istituzioni europee, dichiarano: «È una manovra per escluderci dai finanziamenti, la Commissione ha deciso di fare come l’Onu. Creerà presto una lista di ong accreditate e a chi rimane fuori, niente più fondi. Potrebbe succedere quello che temevamo». Possibile? Cosa ha in mente Bruxelles? Cosa temevano o temono le 900 ong europee riconosciute dalla Commissione? «Che nella gestione dei fondi per l’aiuto ai Paesi in via di sviluppo prevalga la tradizione nordeuropea, da cui proviene il Commissario per lo Sviluppo e gli Aiuti Umanitari Poul Nielson, di privilegiare le organizzazioni non governative più grandi e con più mezzi», spiega Guido Barbera. Delegato italiano al Comitato di Liaison delle ong europee che rassicura “Vita”: «Ho incontrato Nielson a Natale e su questo punto è stato meno drastico di quello che si poteva presagire da certe sue dichiarazioni. Ma le ong fanno bene a preoccuparsi delle nuove Condizioni Generali dettate dalla Commissione per accedere al cofinanziamento della B7-6000». Ossia la linea di finanziamento dedicata alle ong impegnate in progetti di sviluppo nel Sud del mondo o di educazione allo sviluppo in Europa che oggi ha un budget di 200 milioni di Euro e gestisce circa 800 contratti di cofinanziamento l’anno. «Cifre che Bruxelles non ha le strutture e le risorse per gestire con efficacia» spiega. Risultato? «Sta forzando la mano per lavorare con un numero ristretto di ong». Si spieghi meglio Le nuove condizioni generali per la B7-6000, che la Commissione approverà a giorni, prevedono cofinanziamenti fino a 10 milioni di Euro per un’unica operazione di sviluppo. Una cifra enorme cui, tuttavia, potranno accedere solo le ong con grandi capitali e risorse perché ai suoi beneficiari Bruxelles oggi chiede anche precise garanzie economiche. Per esempio? Certificazione dei bilanci, definizione di obiettivi, indicatori di successo e possibili colli di bottiglia delle operazioni di sviluppo. Come dire: lavoriamo con la società civile perché costa meno dell’industria ma a una ong chiediamo le stesse garanzie e capacità manageriali di un’azienda. (Caratteristiche che discriminano le organizzazioni non governative di piccole dimensioni, soprattutto quelle dell’area mediterranea, ndr). Basta pensare all’universo di piccoli enti non profit italiani e ai grandi raggruppamenti nordici: multinazionali della solidarietà sostenute, tra l’altro, da legislazioni nazionali studiate apposta per favorire il Terzo settore. Che fare, dunque? Alle ong italiane non resta che subire le decisioni di Bruxelles? No, certo. Innanzitutto perché nei due anni di negoziato che hanno portato a queste nuove Condizioni Generali la Commissione ha recepito molte delle nostre esigenze. E poi perché, guardando oltre confine, ci sono degli esempi da seguire. In Olanda, per esempio, varie fusioni di ong hanno creato non profit da 350 dipendenti. Veri e propri network insomma. Che non bisogna copiare solo per accaparrarsi i fondi ma possono essere una traccia per comprendere come ottimizzare le nostre risorse: ossia lavorare insieme mantenendo l’identità e peculiarità di ogni singola ong. E delle altre novità, in particolare la possibilità di chiedere finanziamenti non solo come singoli enti ma anche in qualità di consorzi di più ong che si assumono la responsabilità congiunta delle operazioni o veri e propri network di organismi non profit nazionali ed europei, cosa ne pensa? Aspetto di vedere come la Commissione deciderà di applicarle: se le operazioni di sviluppo verranno finanziate a suon di 10 milioni di Euro, ossia gestite per grossi montanti di budget, a beneficiarne saranno solo i soliti colossi. Lo stesso vale per i nuovi parametri di grandezza delle operazioni finanziabili: gruppi di interventi di sviluppo da valutare sul lungo termine e presentare per grandi linee, singole operazioni molto ben definite e iniziative da finanziare con i block grant, ossia finanziamenti forfettari affidati, sulla fiducia, a ong che hanno già lavorato con la Commissione: senza bisogno di presentare un progetto preciso prima ma con l’assoluta necessità di presentare un rapporto a conclusione dell’attività. E alle piccole organizzazioni cosà accadrà? Per il momento stiamo alle promesse che la Commissione ci ha fatto. Nell’ultimo comitato di Liaison delle ong europee, i funzionari di Bruxelles hanno promesso di «garantire un dialogo e l’accesso ai fondi anche alle organizzazioni non governative di piccole dimensioni e a tutti i progetti di sviluppo». Intanto chi volesse consultare le nuove disposizioni, seppur in forma di bozza, può collegarsi al sito dell’Unione europea: http://europa.eu.int


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