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Se l’emergenza migranti arriva a Bolzano
Un cortocircuito tra Stato e Provincia autonoma sulla responsabilità di accoglienza dei migranti extra-quota ha lasciato donne e minori senza un tetto anche a Bolzano e nonostante un accordo sia stato raggiunto, rimane la preoccupazione per riuscire a garantire accoglienza anche agli eventuali nuovi arrivi
Non solo Milano e Roma, l’emergenza accoglienza migranti, (se di emergenza si può parlare, visti i numeri effettivamente inferiori rispetto a alle grandi città), tocca anche Bolzano, dove nelle ultime settimane, la Caritas è arrivata addirittura a sospendere i propri servizi, per protesta rispetto alle politiche della Provincia autonoma.
400 persone arrivate spontaneamente dopo essere sbarcate in Sicilia, o dopo essere state respinte da i Paesi del nord Europa e così costrette a rientrare in Italia. 400 persone che, secondo la Provincia autonoma, non rientravano nelle quote stabilite dallo Stato e per questo non avevano diritto all’accoglienza della Provincia: un impasse che ha rischiato di dividere nuclei famigliari e mettere letteralmente per strada donne sole e minori. Diverse le nazionalità: somali, eritrei e una ventina di famiglie irachene. «Si era creato un cortocircuito tra stato ed ente locale», ha spiegato Luigi Gallo, responsabile dell’ufficio consulenza ai profughi della Caritas, uno snodo importante per i migranti che arrivano qui, dove si possono ricevere consulenza legale e informazioni. «Secondo la Provincia, la responsabilità dell’accoglienza di questi profughi fuori quota doveva passare allo Stato. La Provincia di Bolzano non ha aderito al sistema degli SPRAR , per questo abbiamo solo delle strutture di accoglienza straordinaria». Inizialmente le 400 persone sono state collocate (prevalentemente uomini soli) in strutture utilizzate per l’emergenza freddo, mentre per famiglie, donne incinta e altre situazioni di vulnerabilità, sono state trovate soluzioni di alloggio alberghiero fino al giro di vite di 2 settimane fa, quando la Provincia aveva deciso di porre norme molto più rigide all’accoglienza delle persone che non rientravano nella quota ministeriale. «I padri di famiglia non avevano più diritto all’alloggio in albergo, così come le donne sole e non incinta e i minori sopra i 14 anni, che si sono ritrovati, senza un tetto sopra la testa», spiega Gallo. Una decisione della Provincia autonoma che ha spinto la Caritas alla sospensione, per protesta, dei propri servizi. «Abbiamo tenuto chiuso per alcuni giorni e quando abbiamo riaperto abbiamo deciso di non applicare le norme restrittive». Nel frattempo è stato raggiunto un accordo tra il presidente della Provincia Kompatscher e il ministro degli Interni, Alfano: “fino al raggiungimento della quota statale prevista non vi saranno ulteriori invii di richiedenti asilo provenienti dagli sbarchi, in modo da assorbire parte di quanti sono presenti in Provincia al di fuori delle assegnazioni”, si legge nella nota stampa pubblicata dalla Provincia.
Al momento in Alto Adige sono ospitati 1.060 richiedenti asilo in seguito alle assegnazioni statali, che passeranno a 1470. E se una soluzione temporanea è stata trovata, il compromesso non risulta però così rassicurante: «l’attenzione al Brennero rimane alta, più che altro per il flusso di persone che ritorna in Italia dopo aver provato ad arrivare nel nord Europa. Se domani dovessero arrivare altri profughi saremmo da capo, se non in condizioni peggiori, perché l’inverno sta arrivando e dormire per strada diventa impossibile», spiega Gallo. «Il problema è che anche davanti a pochi numeri la gente ha paura, la Provincia di Bolzano copre lo 0,9% dell’accoglienza nazionale eppure percepisce questa percentuale in modo molto diverso», come se fosse un numero enorme. Secondo le ultime stime gli abitanti della Provincia autonoma sono 521.925, il rapporto migrante/cittadino italiano rimarrebbe quindi, con le cifre attuali di 1 a 370.
Foto: Mario Laporta
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