Un amico filosofo, Silvano Petrosino, ci ha recentemente stupito riproponendoci una rilettura del notissimo capitolo de I fratelli Karamazov di Dostoevskij, «La leggenda del Grande Inquisitore», come chiave per capire l’antropologia necessaria a qualsiasi dittatura. Le parole dell’inquisitore sono, da questo punto di vista, impressionanti, e la visione dell’uomo che propone sembrano davvero parlare a noi. Dice l’inquisitore: «Dispone della libertà degli uomini solo chi ne acqueta la coscienza. (?) Essi diverranno mansueti, guarderanno a noi e a noi si stringeranno, nella paura, come i pulcini alla chioccia». Leggetevi per intero quelle pagine, anche se già queste poche righe ci aiutano a mettere a fuoco quella deriva culturale che percepiamo ma a cui non riusciamo a dare nome. Queste righe di Dostoevskij ci aiutano a capire cosa chiedono in cambio tutti coloro che vogliono assicurarci sicurezza e tranquillità: semplicemente ci dicono che non è necessario essere uomini, che la libertà di coscienza è alla fine un lusso, che non è più necessario essere buoni. Ci penseranno loro a darci tranquillità e che non si stia a questionare sul come.
Così, può succedere che una signora impegnata da decenni nel soccorso dei più deboli, come Laura Boldrini, portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, con l’unica colpa di aver richiamato l’Italia e l’Onu stessa a fare pressioni sulla Libia affinché i centri di raccolta abbiano condizioni umane e siano aperti ai funzionari dell’Unhcr, si veda pubblicamente offesa da un ministro della Repubblica, Ignazio La Russa, con frasi del tipo «quella non conta un fico secco», «quella è disumana». E di fronte alle proteste internazionali e del nostro stesso ministro degli Esteri, un suo compagno di militanza fascista, Maurizio Gasparri, può dire a mezzo stampa «ce ne freghiamo» (e qui qualche brivido viene).
È uno scivolamento continuo da un giusto fastidio contro l’ipocrisia a una volgarità crescente ed esibita. Al monito del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano che avverte come anche in Italia ci sia il rischio di un diffondersi di accenti di intolleranza a causa del diffondersi di «retorica pubblica che non esita a incorporare questi accenti». Umberto Bossi, ministro per le Riforme e leader della Lega, ai giornalisti che gli chiedono un commento può rispondere con una botta di vera retorica populista: «Io ascolto la gente». Un altro ministro della Lega, quello della Semplificazione (purché non diventi della brutalità), parlando dell’annosa riforma delle autonomie locali parla di «bozzaccia» e di «enti dannosi», tra loro i difensori civici e i garanti dei diritti dei detenuti!
Lo scivolamento verso il basso è anche linguistico. Così, i disperati in fuga da carestie, pandemie e guerre diventano clandestini, e questa loro condizione viene trasformata in reato. In Francia hanno fatto anche di peggio. Lo scorso 3 aprile è stato introdotto un Codice che regola l’ingresso, il soggiorno e il diritto di asilo per gli stranieri, dove all’articolo L622-1 viene previsto il «reato di ospitalità». Insomma, continuando nello scivolamento l’egoismo diverrà una virtù e la solidarietà un delitto. Sicuri che ne valga la pena?
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