Sostenibilità

Se le multinazionali prosciugano il mondo

Forum Nairobi 2007, i grandi temi /2: Aqua. La crisi non è legata alla disponibilità ma alla povertà; c'è un nesso provato tra salute e qualità dei servizi igienici. Intervista a Riccardo Petrella

di Maurizio Regosa

Pane al pane. Nessun eufemismo. Linguaggio diretto. Così, nel suo modo appassionato e chiaro, si esprime Riccardo Petrella, presidente del Comitato italiano del contratto mondiale dell?acqua. Forse perché sente tutta l?urgenza di situazioni difficili spesso ignorate e che peggiorano ogni giorno che passa. Forse perché sa che, parlando di vita o morte, ogni artificio retorico suona ancora più vuoto, dà ancor più fastidio. Lo abbiamo incontrato in occasione della presentazione romana del Rapporto 2006 su Lo sviluppo umano, L?acqua tra potere e povertà, pubblicato dall?Unpd. Un documento per molti aspetti impressionante.

Vita: Quali sono le cose più rilevanti contenute Rapporto?
Riccardo Petrella: Anzitutto nel Rapporto si mette per la prima volta in evidenza chiara il fatto che la crisi dell?acqua non è legata alla disponibilità (come si ripete da 30 anni) ma alla povertà. E questo dovrebbe rimettere in discussione gli obiettivi del Millennio (ridurre della metà gli estremamente poveri, che ora sono 1,3 miliardi di persone e vivono con meno di un dollaro al giorno), proponendosi l?obiettivo dello sradicamento della povertà (i poveri assoluti, che vivono con due dollari al giorno, sono 2,8 miliardi). Dobbiamo tornare ad avere ambizioni più elevate. Non possiamo accontentarci di questi obiettivi.

Vita: In secondo luogo?
Petrella: Si insiste sul nesso fra salute e servizi igienico sanitari. Anche qui: non era mai stato detto così chiaramente. Ed è un passo avanti, non c?è dubbio. Il terzo punto di forza del Rapporto è che dice con evidenza che nei paesi poveri l?acqua costa più che in quelli ricchi. Un vero e proprio scandalo. Inutile commentare.

Vita: Nessuna riserva?
Petrella: Punti deboli o almeno migliorabili ci sono. Per esempio mi paiono assai tradizionali e non efficaci le soluzioni proposte, spesso molto politically correct. D?altro canto non sono mai nominate le grandi multinazionali dell?acqua. Che perciò risultano le grandi assenti. Se un marziano leggesse questo documento non riuscirebbe a capire la vera situazione dell?acqua nel mondo?

Vita: Insomma, avere l?acqua significa avere potere?
Petrella: La povertà è legata oggi al sistema economico globale e non farvi riferimento come a uno dei fattori determinanti della perennizzazione della povertà, significa indebolire le analisi. Questo introduce una rapida riflessione sul rapporto fra il diritto privato e quello alla vita. Effettivamente da venti anni a questa parte siamo diventati una società che ha abbandonato i suoi principi fondatori. Da uno stato di diritto, in cui erano riconosciuti diritti umani universali, imprescindibili e indivisibili, siamo passati a una tesi in cui i diritti sono considerati, in fondo, qualcosa che è stato raggiunto attraverso le lotte, qualcosa di acquisito. E quindi qualcosa che è reversibile, che dipende dalle capacità finanziarie di un paese.

Vita: Come spiega questa trasformazione?
Petrella: Si tratta di un passaggio spesso giustificato affermando che viviamo in una società differenziata dove i bisogni non sono più universali, ma personalizzati, che il bisogno di un consumatore vecchio si distingue da quello di un consumatore giovane, a sua volta diverso da quello di sportivo che vive in campagna, che avrebbe bisogni differenti dallo sportivo che vive in città? E così via. Un modo per sfuggire al diritto. È su questo passaggio che si innesta la teoria economica capitalistica, dicendo: ogni qualvolta un bene può essere oggetto di una domanda individuale c?è un prezzo differenziato e quindi non è più un bene sociale e dunque non può essere parte di un diritto. Più c?è un domanda individualizzabile, meno diritto c?è. Infatti, sempre a proposito dell?acqua, gli economisti cosa affermano? Che, poiché essa è oggetto di domanda individuale dato che risponde a bisogni diversificati, l?acqua non è più un bene comune pubblico, è un bene economico. E come tale va trattato.È importantissima questa differenza: spesso non è analizzata in maniera approfondita ma è alla base delle scelte e delle decisioni politiche.

Vita: Sempre più spesso si parla di privatizzazioni, a proposito dell?acqua?
Petrella: Sì, anche nel Rapporto le si ipotizza implicitamente. Ma non mi sembra una reale soluzione. Come non lo è la scelta di una separazione fra le reti pubbliche e la gestione privata dell?acqua. L?Europa sta andando, appunto, verso questa direzione.

Vita: E in Italia?
Petrella: Da noi, per il momento, il programma dell?Unione non la prevede. Il decreto Lanzillotta sulle privatizzazioni non tocca questo principio. Ma le tentazioni sono molte: si pensi alle multiutilities che possono offrire dividendi appetitosi ai comuni che hanno difficoltà sul piano della finanza locale. Le multiutilities appunto sarebbero favorevoli alla separazione? Anche i cittadini, però, se pensano che l?acqua sia un bene comune devono impegnarsi.

Vita: Il prossimo appuntamento è Nairobi.
Petrella: Come si sa la scelta di Nairobi è legata alla volontà di non restare solo in un luogo. Soprattutto per facilitare la partecipazione di asiatici e africani le cui capacità di movimento sono limitate. I viaggi costano. Avere un?occasione di confronto a Nairobi risponde a tanti bisogni. Soddisfa tante aspettative.

Vita: Lei cosa si aspetta da Nairobi?
Petrella: Il problema è capire se l?insieme dei movimenti che fanno parte del Forum sociale mondiale riuscirà a superare le difficoltà di azione. Anche fra noi c?è una certa tendenza alla divisione. Da una parte coloro che dicono abbiamo fatto la ricognizione dei problemi e domandano: ?ora che si fa?? Abbiamo cinque o sei temi su cui si possono immaginare azioni mondiali. Dall?altra coloro che insistono sul fatto che malgrado la mondializzazione le risposte devono essere piuttosto nazionali, locali. Su questo punto siamo ancora divisi. I risultati di Nairobi dipenderanno dalla risposta che daremo a queste scelte. Non so se ce la faremo a rispondere in maniera chiara e corretta.

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