Non profit

Se le banche ci usano come un baluardo

A due anni dalla riforma, il presidente della Fondazione Cariplo fa il punto. E dice: «Le nostre partecipazioni fanno comodo contro il rischio dell'invasione straniera»

di Francesco Maggio

Fondazioni bancarie, sempre le stesse: perdono il pelo ma non il vizio. Dovrebbero occuparsi prevalentemente di arte, cultura, ricerca, solidarietà. E invece? Continuano a dedicarsi al loro hobby preferito: quello di fare il bello e il cattivo tempo nel sistema bancario. Si divertono a essere l’ago della bilancia di delicatissimi equilibri finanziari. Si dimostrano allergiche ad ogni controllo esterno. E poco importa se un invito a non oltrepassare i limiti della decenza viene persino dalla Banca d’Italia. Anzi, sembrerebbero dire: guarda da che pulpito viene la predica visto che, invece di comportarsi da arbitro, non di rado via Nazionale nella sua attività istituzionale veste i panni del giocatore, se non del centravanti.
A leggere le cronache di questi giorni dedicate al caso Generali (vedi box), parrebbe proprio che le fondazioni bancarie siano quei “mostri senza padrone” che Giuliano Amato definì qualche anno fa facendo pubblica ammenda per averle inventate. Ma le cose stanno realmente in tal modo? A due anni esatti dal varo definitivo della loro riforma (avvenuta con il decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153) davvero così in passivo è il bilancio che se ne può tracciare?
«Io sono di tutt’altro avviso», risponde Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo, la più grande fondazione europea per dimensioni patrimoniali (14 mila miliardi di lire) e dell’Acri, l’associazione fra le casse di risparmio italiane. «Il bilancio della riforma delle fondazioni bancarie è nettamente positivo e ciò per almeno tre ragioni fondamentali».
Quali? «Innanzitutto, è stato rispettato alla lettera il dettato della riforma che stabilisce che le fondazioni di origine bancaria sono organismi di natura giuridica privata. Per lungo tempo, prima della cosiddetta legge Ciampi (la 461/98, da cui poi il decreto attuativo n. 153/99, ndr), c’è stata grande confusione in proposito, con anche ripetuti ricorsi al Tar. Oggi ogni dubbio è stato spazzato via».
La seconda ragione? «I nuovi organi di indirizzo», prosegue Guzzetti, «prevedendo la coabitazione al loro interno di rappresentanti degli enti locali e della società civile costituiscono, di fatto, dei luoghi privilegiati di incontro tra soggetti che spesso hanno incontrato difficoltà a confrontarsi e a mettere in campo insieme soluzioni concrete ed efficaci ai problemi del territorio. Vi è infine un terzo motivo», aggiunge Guzzetti, «che mi rende ottimista sul futuro delle fondazioni. Èd è il fatto che attualmente questi enti, grazie alla libertà che hanno di gestirsi i propri patrimoni, possono pianificare in modo molto più strutturato del passato le loro entrate e, di conseguenza, i loro interventi nei settori di pubblica utilità».
Ma come la mettiamo con la vicenda Generali e il protagonismo dimostrato nella circostanza dalle fondazioni Cariverona e Crt? «Premesso che non è mio costume entrare nel merito di quanto accade in casa altrui», taglia corto Guzzetti, «vorrei sottolineare come, con l’aumento della concorrenza internazionale, sono le banche a chiedere alle fondazioni di continuare a detenere perlomeno partecipazioni significative nella loro compagine azionaria. In altri termini, gli istituti di credito vedono le fondazioni come un baluardo contro “l’invasione straniera”. Altro che fondazioni che non se ne vogliono andare dalle banche. È il contrario. Anche se, devo riconoscere, non si tratta di un sacrificio, dato che le partecipazioni ancora detenute si sono rivelate in questi anni foriere di lauti e preziosi guadagni».

I numeri
Numero fondazioni di origine bancaria: 88
Patrimonio complessivo: 70 mila mld di lire
Redditività patrimoniale: 4,6%
Fondi disponibili per erogazioni: 1.552 mld
Principali settori di intervento: Arte e cultura: 28,8%, Assistenza sociale: 20,6%, Istruzione: 16,5%, Sviluppo comunità locale: 6,8%, Sanità: 6,3%, Volontariato: 4,4%, Ricerca scientifica: 3,8%
Fonte: elaborazioni Vita su dati Acri 2000

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.