Famiglia

Se la sinistra piange sui tagli alla difesa

L'Unione e le armi. Mai nella storia repubblicana il rapporto tra funzione difesa e Pil era sceso sotto l’1%

di Riccardo Bagnato

«Mai nella storia repubblicana il rapporto tra funzione difesa e Pil era sceso sotto l?1%. Il valore critico raggiunto quest?anno dalle risorse assegnate al settore (0,84% del Pil) è il punto più basso di una sequenza decrescente che ha segnato il corso dell?intera legislatura». E ancora: gli stanziamenti contenuti nella Finanziaria per la difesa sono pochi e, qualora l?Unione dovesse vincere le elezioni, dovrà impegnarsi a «inserire finalmente come capitolo apposito di bilancio il finanziamento delle presenze militari italiane
all?estero».

Fino a qui, Marco Minniti e Piero Fassino, in occasione del convegno sulle Nuove sfide della difesa italiana organizzato dalla Quercia all?hotel Esedra di Roma il 7 novembre scorso. Appuntamento a cui hanno partecipato gli stati generali della difesa e dell?industria bellica, da Giorgio Zappa (presidente Aiad) ad Alessandro Minuto Rizzo (segretario generale delegato Nato), a Gianpaolo di Paola (capo di Stato maggiore della Difesa) e Maurizio Melani (rappresentante italiano nel Comitato politico e di sicurezza dell?Unione europea), tutti d?accordo su un fatto: così come sta andando non può continuare, la difesa ha bisogno di investimenti.

Peccato che poco più di una settimana prima, alla Camera, veniva presentata una mozione in favore della campagna Controlarms, sottoscritta da 62 deputati (prima firmataria Silvana Pisa, dei Ds) e 39 senatori, (primo firmatario Francesco Martone, di Rifondazione), ma anche da Flavio Rodeghiero, della Lega e da Publio Fiori, vicepresidente della Camera passato da An al gruppo Misto. Certo, da un lato parliamo di armi leggere, mentre nel primo caso si tratta di sistemi d?arma bellici. E se le prime attendono un quadro legislativo che ne regolamenti il commercio (da cui la mozione presentata), per i secondi la famosa legge 185/90 prevede una relazione annuale e ne impedisce la vendita in alcuni casi.

Detto questo, il doppio messaggio di convegno e mozione sembra entrare inevitabilmente in collisione con il buon senso: possibile che la politica della difesa si riduca a una voce di bilancio? Per quanto importante possa essere il settore, perché non citare la posizione che il futuro governo dell?Unione intende assumere nei confronti del commercio internazionale di armi?

La sensazione è che non ci sia un quadro d?insieme su cui ragionare o su cui ci sia qualcuno che intende riflettere seriamente, ma che si vada avanti per compartimenti stagni o, peggio ancora, in ordine sparso. E la politica, allora?

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