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Se la rinascita di Mosul parte dalla sua biblioteca

Il blogger che ha raccontato gli ultimi tre anni di assedio della città sotto lo pseudonimo Mosul Eye ha lanciato una campagna per ricostruire la biblioteca universitaria di Mosul, un segnale di speranza per ripartire, raccolto da diverse università francesi che hanno donato 15 tonnellate di libri

di Ottavia Spaggiari

La resistenza si fa anche coi libri. Lo sa bene Mosul Eye, storico e blogger che, sotto pseudonimo, ha raccontato su Facebook e Twitter la vita quotidiana degli abitanti di Mosul negli ultimi tre anni, tra l’occupazione di Daesh, che nel 2014 ha proclamato la creazione del Califfato proprio nella Moschea di al-Nuri, nella città antica, e la controffensiva delle forze irachene e internazionali, iniziata a ottobre 2016 per riprendere il controllo del territorio. Una battaglia sanguinosissima, che ha ucciso 2,014 persone, la metà delle quali civili, mentre i feriti sarebbero 1,516 e gli sfollati 580mila. Un inferno. Eppure, mentre la guerra continua, tra le strade di Mosul, si pensa anche al futuro. Mosul Eye ha infatti lanciato una campagna per ricostruire la Biblioteca universitaria della città, devastata dall’Isis.

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Prima dell’assedio di Daesh, la Biblioteca, fondata nel 1967, tra le più prestigiose del Medio Oriente, aveva ricevuto 60 tra le collezioni private più importanti della città e contava un catalogo vastissimo di libri, mappe storiche e antichi manoscritti, alcuni millenari. 600mila opere erano in arabo, molte altre in inglese. Durante i 32 mesi di controllo di Daesh, il campus universitario, sulla sponda orientale del Tigri, è stato chiuso e poi incendiato. La Biblioteca è stata colpita in modo durissimo, un tentativo di distruggere il cuore di una città crogiolo di etnie e religioni diverse. Una “distruzione sistematica del patrimonio e una persecuzione delle minoranze che cerca di eliminare la diversità culturale che è l’anima degli iracheni,” come l’ha definita Irina Bokova, direttrice generale dell’Unesco, e se “Bruciare i libri è un attacco alla cultura, alla conoscenza e alla memoria”, ricostruire la Biblioteca e riempirla di opere è, secondo Mosul Eye, “una delle più importanti forme di ricostruzione della nostra civiltà”. Per questo il blogger ha lanciato una campagna internazionale per raccogliere libri e altri prodotti editoriali, tra cui riviste, periodici, quotidiani e archivi, in tutte le lingue e di tutte le discipline.

“Lasciamo che sia un libro a rinascere dalle ceneri”, con questo slogan, lo scorso febbraio è stata lanciata una campagna per ricostruire la biblioteca universitaria.

Il primo evento per raccogliere nuovi libri, un festival organizzato dagli studenti fuori dalla biblioteca. Dall’altra parte del Tigri, l’eco della battaglia ma nella parte est della città, nel vecchio campus, il 25 maggio quattro giovani musicisti hanno suonato sugli scalini d’ingresso della biblioteca, alcuni pittori hanno messo in mostra le proprie opere e un gruppetto di studenti ha appeso le fotografie della città, dei suoi luoghi e dei suoi abitanti, e ne ha raccontato le storie al pubblico. Il prezzo del biglietto di ingresso al festival: un libro. Decine i partecipanti e decine i libri donati.

https://twitter.com/MosulEye/status/874222840547074049/photo/1

Per ricostruire il vecchio archivio della biblioteca il lavoro rimane però immane. Sono 400 i libri raccolti fino ad oggi ma all’appello hanno risposto altri centri in Europa e negli Stati Uniti. L’istituto marsigliese, Entraide et Coopération en Méditerranée ha promesso una donazione alla campagna di 15 tonnellate di libri, coinvolgendo molte università francesi, lo stesso hanno fatto alcune università americane. “Speriamo che la campagna sia un modo per unire l’Università di Mosul e il resto del mondo, sul piano accademico, culturale e sociale”, ha dichiarato Mosul Eye.

La strada verso la normalità per Mosul rimane però ancora lunga.

Venerdì scorso, diverse Ong, tra cui Amnesty International e Human Rights Watch, hanno espresso forte preoccupazione per i civili, bloccati nella parte ovest della città, dove l’uso illegale di scudi umani da parte dello Stato islamico e la difficoltà di identificare chi si trova all’interno degli edifici aumentano i rischi per la popolazione civile. Le Ong hanno chiesto alle forze irachene e della coalizione di non usare armi esplosive con effetti ad ampio raggio. La situazione qui rimane drammatica. Chi è riuscito a fuggire ha riportato che i mercati sono privi di cibo e che si sopravvive con poco più che grano e acqua piovana.

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