Cultura

Se l’integrazione sfuma davanti alla cottura

A tavola resiste la tradizione e l’attaccamento al proprio paese, forse più d’ogni altra cosa...

di Redazione

Giorgio Bocca quando le pensa non le manda a dire e, alcune settimane fa, sull?Espresso ha messo il dito nella piaga parlando di integrazione. In sostanza ha dichiarato che su sette domestiche immigrate, nessuna è mai riuscita a cucinargli il bollito al punto giusto. L?integrazione insomma sfuma davanti alla cottura. Qualcuno lo vedrà come uno sfogo di scarsa rilevanza, invece Bocca ha toccato un nodo non da poco se pensiamo che chi viene qui si trova nel bengodi dei prodotti e della cultura culinaria. Eppure a tavola resiste la tradizione e l?attaccamento al proprio paese, forse più d?ogni altra cosa. M?è venuto in mente quando Bruno Gambarotta fece un?inchiesta sull?integrazione degli operai della Fiat a Torino. Ora, sull?abbigliamento erano ormai uguali agli altri, sull?arredamento c?erano dei cedimenti, ma sulla cucina nessun passo indietro. A questo punto chi dice che il cibo non è un fattore di cultura afferma una scemenza abnorme, giacché rappresenta la stessa cifra che ha il comunicare. E quindi è un fattore di straordinaria identità. Se guardiamo l?altra faccia della medaglia, cioè gli atteggiamenti di chi è nato nel bengodi, scopriamo una tendenza verso la lenta omologazione. Non solo di gusti esterofili, ma anche di modi d?approccio alla tavola che tolgono il fattore culturale più importante: la comunicazione.

Gli happy hour sono l?emblema di questa dissociazione. Si mangia in piedi, neppur guardandosi negli occhi. Anche i locali moderni hanno banconi circolari e trespoli che guardano non l?altro con cui condividere il cibo, ma il dio cibo che sta al centro, come nei locali americani, come se il mangiare fosse un atto fine a se stesso e non l?incontro con un altro. Ora capisco perché mi stanno sul culo quelli che mi chiamano per dirmi: «Ho assaggiato la bottiglia tal dei tali». E chissenefrega! Il problema di una bottiglia è condividerla con te, così col gusto, così col cibo. Da un lato l?edonismo che ha lo spazio di un?emozione, dall?altro un?esperienza dove due persone stanno davanti al gusto. Si chiama com-pagnia (dividere il pane).

www.clubpapillon.it – tel. 0131.261670

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.