Non profit

Se l’associazione è differente evitate confusioni

Quando non c’è una vera continuità tra enti sarebbe meglio non mantenere lo stesso nome. Tra i valori fondamentali di un’associazione e di qualsiasi ente non profit è la sua credibilità...

di Carlo Mazzini

La nostra associazione di categoria ha chiuso da circa un mese e ha lasciato l?autorizzazione di utilizzo e proprietà della propria denominazione, e i siti a essa collegati, così come lo stesso acronimo a un nuovo organismo che avrà come fruitori i disoccupati (segue il testo dello statuto)… Può considerarsi organismo non profit e/o onlus? Fabio Ceteroni (email) Detto con simpatia e rispetto. Questo non è un servizio di correzione di statuti. Se cerchiamo di dare risposte rapide e indolori è perché confidiamo che stiate al gioco e ci poniate quesiti comprensibili e sintetizzabili. Tuttavia la risposta è semplice, e comprende un sì, un no, e un forse. Sì. Potete essere un ente non profit, sempre che seguiate i principi base dell?associazionismo, anche ?non qualificato?. Intendo quello ex art. 5, dlgs 460/97, che consente alcune agevolazioni quali per esempio la non tassabilità dei proventi derivanti dai beni (non tutti) o servizi venduti a soci, sempre che siano verificate (statutariamente e nei fatti) alcune condizioni quali democraticità ed effettività della vita associativa, la redazione del bilancio, la non distribuzione degli utili e altro ancora. No. Non potete essere onlus. La questione centrale è qui riassumibile: sono i disoccupati soggetti svantaggiati? Il buon senso direbbe di sì, il legislatore, meglio, l?interprete ufficiale della legge (Agenzia delle Entrate) dice di no. Sappiate che lo svantaggio, per le onlus, è caratterizzato da uno stato particolare che, colpendo le sfere sanitarie, sociali o economiche, non permette il normale inserimento nella vita sociale da parte di chi è colpito da detto svantaggio. Alcolisti, carcerati, tossicodipendenti, immigrati non abbienti ecc. Questo è il tenore dello svantaggio. Non sembrano rientrare in questo tenore i disoccupati. Non che se la passino bene, anzi. Ma c?è uno iato profondo tra i due livelli di svantaggio. Forse. La denominazione, il sito e l?acronimo restano gli stessi dell?ormai defunta associazione di categoria. Prima puntualizzazione. L?associazione di categoria è comunque un ente non profit. Perché chiudete un ente non profit e ne aprite un altro? Non era più semplice modificare lo statuto? Seconda puntualizzazione. È, per me, fondamentale che se non c?è continuità tra un ente e l?altro non vi sia neppure continuità nella denominazione. Questa è la mia personalissima opinione. E qui stiamo parlando di ente non profit che da associazione di categoria (quindi nell?immaginario, ?chiuso?) diventa ente aperto. Sono chiare a tutti le ragioni di questa ?trasformazione?? È possibile che si crei confusione, fraintendimento? Se sì, rifuggite dalla tentazione di proseguire con la stessa denominazione! Fatevi una nuova vita; al massimo, aggiungete «da un?idea della ?». I vecchi esercizi commerciali recavano «Parodi Giobatta, fu Mario». Siamo nani sulle spalle dei giganti!


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