Non profit

Se il pensionato vuole lavorare

Quali vantaggi e svantaggi contributivi nella scelta di continuare a mantenere un’occupazione

di Giuseppe Foresti

A seguito della richiesta della posizione assicurativa, l?Inps mi ha inviato un estratto certificativo dal quale risulta che ho maturato il diritto alla pensione di anzianità. Vorrei qualche delucidazione in merito agli incentivi previsti per chi resta al lavoro. In che cosa consistono questi incentivi? Sono effettivamente convenienti? E il mio datore di lavoro, che forse preferisce la cessazione del rapporto per avere una mia collaborazione esterna, è tenuto invece a mantenermi in servizio?
Giovanni F. (Udine)

Risponde Giuseppe Foresti
La norma è già operativa in seguito all?approvazione della finanziaria 2002. Lei ha la facoltà di posticipare la decorrenza della pensione di almeno due anni, poi tale periodo può anche essere prorogato. Per attuare tale facoltà deve stipulare un contratto a tempo determinato con l?azienda che comporta, di fatto, la cessazione del precedente rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Riteniamo che sia facoltà della ditta accedere o meno a tale accordo con il lavoratore. Se viene stipulato tale contratto, la pensione è come se fosse già stata concessa poiché essa sarà messa in pagamento al termine del medesimo, con gli incrementi di scala mobile che, nel frattempo, sono intervenuti.
Durante il periodo di proroga del contratto non esiste più l?obbligo di versare i contributi.
Sulla convenienza dell?operazione è necessario verificare chi trae vantaggio dai contributi risparmiati. Se l?azienda riconosce in aggiunta allo stipendio i contributi dovuti dal lavoratore si tratta di una somma pari al 8,89 per cento, ma in tal caso l?azienda evita di sborsare la propria quota del 23,81per cento. Sul piatto della bilancia il lavoratore deve però mettere a suo svantaggio anche il mancato incremento della pensione che deriva dalla esenzione contributiva.
Ci possiamo spiegare meglio con un esempio. Con una retribuzione di 20.658,28 euro se al lavoratore viene riconosciuto un incremento di retribuzione pari ai contributi risparmiati (8,89 per cento) avrà un incremento retributivo di 1.836,52 euro mentre l?azienda ne risparmia 4.918,74. Tuttavia, se il lavoratore avesse continuato il rapporto di lavoro con la copertura assicurativa avrebbe avuto un incremento di pensione di circa 413,17 euro all?anno che, invece, con il contratto a termine, andrebbero perse per sempre. Naturalmente la convenienza potrebbe essere diversa se l?azienda fosse disponibile a riconoscere in modo più significativo al lavoratore il risparmio dei contributi che torna invece a suo vantaggio. Il nuovo governo nella delega sulle pensioni ha ripreso tale e quale il dispositivo legislativo già in vigore che, a dire il vero, ha fino ad ora avuto poca fortuna. Tuttavia la variante che introduce è la previsione di una suddivisione del risparmio contributivo da destinare al lavoratore almeno al 50 per cento e un regime fiscale agevolato. È sicuramente un passo avanti, ma è difficile dire se i lavoratori si convinceranno della convenienza.
Rispetto alla possibilità di esercitare invece, dopo la pensione, una attività da lavoro autonomo (o una collaborazione coordinata e continuativa che sia effettivamente tale), se è vero che la delega del governo va verso la totale cumulabilità della pensione con il reddito da lavoro (già oggi il divieto di cumulo è minimo con il lavoro autonomo) è chiaro che conviene conseguire la pensione per poterla cumulare interamente con il reddito dell?attività di collaborazione.

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