Sostenibilità

Se il nucleare non è più il mostro di una volta

Dibattito aperto nei fondi etici

di Redazione

L’indice FTSE4Good
non mette più l’energia dall’atomo tra i settori eclusi. In Italia solo
Bnl per Telethon ha lasciato uno spiraglio aperto.
Nel 2010 assisteremo
a novità sul fronte?
Nucleare sì, nucleare no, nucleare forse. Pochi temi come quello della produzione di energia attraverso le tecnologie nucleari dividono, soprattutto oggi, l’opinione pubblica. La finanza etica fin dalle sue origini ha classificato il settore della produzione di energia nucleare come uno dei settori più controversi. Escludendolo, di conseguenza, dai possibili settori d’investimento. Posizione che non era condivisa da tutti, ma certamente dalla maggior parte degli investitori socially responsible.
Negli ultimi anni, tuttavia, il dibattito intorno ai rischi e alle opportunità, ai pregi e ai difetti che sono collegati all’energia nucleare, si è evoluto in direzioni nuove e diverse dal passato. Ciò è avvenuto per il concomitante verificarsi di due gravi crisi planetarie.
La prima è la crisi ambientale dovuta al riscaldamento globale. L’energia nucleare è infatti indicata come quella più amica dell’ambiente, cioè quella a emissioni zero o quasi, comunque infinitamente inferiori ad altre tecnologie. Per cui i rischi collegati agli impianti nucleari sarebbero controbilanciati dai loro vantaggi in termini di riduzione dell’impatto ambientale.
La seconda è la crisi energetica. Lo sviluppo delle energie rinnovabili procede spedito, sì, ma non così rapido da poterle considerare nei prossimi decenni un valido sostituto degli idrocarburi in termini di produzione dell’immensa quantità d’energia, per giunta in crescita, che il mondo consuma.
È anche per questi motivi che a livello internazionale si è deciso di ricominciare a investire in energia nucleare e di progettare la costruzione di nuove centrali. Così hanno deciso l’Italia, nonostante lo stop imposto dal referendum del 1987, ma anche in modo per molti inaspettato gli Stati Uniti di Obama, dopo trent’anni dall’incidente della centrale di Three Mile Island in Pennsylvania. Per non parlare di Cina e India, che da anni hanno deciso di investire nel nucleare. A ciò si aggiunga che acerrimi nemici del nucleare in passato, come il cofondatore di Greenpeace, Patrick Moore, ne sono divenuti ora sostenitori, per via delle emissioni zero e per la fiducia nella continua evoluzione delle tecnologie nel senso della sicurezza.
Anche la finanza etica, quindi, ha dovuto riaprire il dossier nucleare, dimostrando di non essere pregiudizialmente immobile nelle sue posizioni. Lo hanno fatto, ad esempio, gli indici etici FTSE4Good della Borsa di Londra, che oggi non hanno il settore dell’energia nucleare (quello delle armi nucleari sì) fra quelli esclusi dall’indice. Non avevano mai chiuso al settore nucleare, invece, gli indici di sostenibilità di Dow Jones. In Italia ne ha discusso nel 2009 il fondo etico Bnl per Telethon, il cui Comitato etico è passato da una posizione di chiusura ad una posizione possibilista, mantenendo però sempre una grande attenzione alla questione della gestione delle scorie e riservandosi di decidere caso per caso. Altri fondi, invece, pur discutendone, hanno mantenuto inalterati i precedenti criteri di esclusione.
Le valutazioni Esg legate al nucleare, come del resto ad ogni altro settore, guardano non solo alla sua sostenibilità sociale e ambientale ma anche alla sostenibilità economica. Dato che gli investimenti richiesti dal nucleare sono ingentissimi, e i tempi necessari perché producano redditività sono molto lunghi, un’analisi di sostenibilità deve tenere responsabilmente conto anche di questa dimensione.

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