Salute
Se il matto è dentro ognuno di noi
Borgna, primario emerito di psichiatria a Novara, crede che la follia sia uno specchio nel quale cogliere quello che, oscuramente, è dentro ciascuno di noi...
È bello prendere in mano questo libro dopo che una canzone sulla malattia mentale ha vinto il Festival di Sanremo. È bello e anche più facile, improvvisamente ci sentiamo curiosi verso questo mondo meno estraneo e dimenticato, e la vulgata festivaliera scalfisce la naturale sensazione di inadeguatezza. Per fortuna, perché il nuovo libro di Borgna è un testo un poco ostico, ma lasciarsi intimidire e rinunciare sarebbe un peccato.
Borgna è primario emerito di psichiatria a Novara ed è stato l?uomo che ha aperto il manicomio cittadino, proprio mentre Basaglia lo faceva a Trieste. Testo di matrice tecnica, quindi, il suo. Ma Borgna crede che la follia sia uno specchio nel quale cogliere quello che, oscuramente, è dentro ciascuno di noi. Ovvero la fragilità (prima delle fragilità) come dimensione costitutiva dell?umano. E parte per un viaggio che è tutto un gettare ponti dalla follia alla normalità e viceversa, facendosi aiutare dall?osservazione e dall?arte, di cui la follia è la ?sorella sfortunata?, senza mai cadere nella trappola – poetica ma falsa – del far coincidere arte e follia.
Un percorso originale, a cominciare dal tentativo di tracciare una differenza di genere nei modi della malattia mentale: l?anoressia femminile come rifiuto del tempo che scorre e quella maschile come presente assoluto abitato dal narcisismo, la lettura delle Affinità elettive di Goethe come di un?anoressia maschile, la depressione maschile che recide le relazioni e le parole molto più di quella femminile, dove i gesti corporei trovano comunque eco.
E poi la terza parte, che indaga le correlazioni fra follia e arte, tra creatività psicotica e immaginazione creatrice. Con palpitante perizia (per usare uno degli aggettivi più cari all?autore, di cui egli stesso è primo testimone) Borgna passa in rassegna i testi di Emily Dickinson e Antonia Pozzi, Virginia Wolf e Ingeborg Bachmann, Georg Trakl e Friedrich Hölderlin. Stupisce l?ampiezza del catalogo di testi che riflettono non solo il dolore o la malinconia, ma addirittura la schizofrenia. La stessa traccia Borgna la insegue nei lieder di Schubert, nei dipinti di Frida Kahlo e di Francis Bacon, nell?arte di Van Gogh, Ligabue e Camille Claudel (quanto sarebbe più proficuo per noi mortali avere sotto gli occhi le opere di cui si parla!).
Il dolore è un topo, scriveva Emily Dickinson. Se il problema di fronte alla malattia mentale è che non abbiamo le parole, questo libro ci aiuta a trovarle. O almeno a cercarle.
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