Cultura

Se il cooperante torna

Stile simil-dogma per un film che convince e tira fuori tutti i sentimenti e le riflessioni impigliate nel mondo della cooperazione ...

di Redazione

Se un film può essere definito estroverso e generoso, questo <i>Dopo il matrimonio</i> di Susanne Bier senza dubbio lo è. Perché tira fuori tutto, proprio tutto (in alcuni momenti forse anche troppo, ma è un peccatuccio veniale). Riesce a distillare ogni stato d?animo. Qualsiasi sensazione. Ogni riflessione, pacata o esasperata che sia, gradevole o meno.

Lo fa attraverso il famoso stile nordico – una sorta di post dogma rivisitato e addolcito (macchina a spalla assai spesso ma senza effetti da mal di mare, lunghi primissimi piani, illuminazione spesso naturale) – e con la complicità di un cast di attori da noi poco noti ma assai bravi. La forma però anche in questo caso non è indifferente. Serve a far sì che i giochi di ciascun personaggio (il riccone che non ha più molto tempo, l?idealista che lavora in India e raccoglie bambini per strada, la donna che inconsapevolmente li unisce) si dispongano come in uno scacchiere e quasi preparino lo spettatore ad albergare dentro di sé determinate impressioni che poi andranno inevitabilmente modificate, se non rovesciate. Così avviene per Jacob il samaritano che torna in Danimarca solo per trovare fondi per i ?suoi? bambini e per mostrarci che in fondo tanto buono non lo è stato, che ha i suoi scheletri nell?armadio, che insomma è attraversato da molte contraddizioni. Così accade per il suo benefattore inizialmente insopportabile e che via via mostra le sue carte (e non sono tutte così cattive). Nessuno insomma è davvero quel che appare né le sue ragioni sono così ovvie o prevedibili.

Questo puzzle emozionale ed esistenziale è però svelato con l?evidenza del racconto vagamente melò. Scelta che amplifica ogni rovesciamento, che rende più efficace il sentimento di spiazzamento che si prova quando i personaggi ?simpatici? commettono errori e quelli ?negativi? recuperano la nostra stima. Perché la vita non è mai così semplice e col passato i conti non finiscono mai.

Su questo livello per così dire privato si innesta però anche il rapporto fra primo mondo e terzo. Le immagini dell?opulenza che fanno a botte con quelle indiane. Lo sfarzo che non si concilia con la dignità della fame. Da questo punto di vista forse qualche generosa caduta e qualche spruzzatina moralisticheggiante, un confronto un po? scontatello ma un bel ?gran diniego?: un piccolo indiano che, di fronte alla proposta di Jacob («vieni a vivere in Danimarca») risponde che no, che non gli interessa quel mondo, che lui Jacob potrà sempre andarlo a trovare?

Dopo il matrimonio
di Susanne Bier
Danimarca-Svezia 2006
con Mads Mikkelsen

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.