Politica

Se il 5 per mille vale solo un ordine del giorno

È tutto quel che resta dello sperato aumento del tetto del 5 per mille, su cui il Governo aveva più volte assicurato attenzione. I partiti della maggioranza non hanno inserito gli emendamenti al Milleproroghe tra quelli segnalati. Tutto quel che rimane è un ordine del giorno presentato dalla Lega e approvato con il parere favorevole del Governo. A meno che la Camera...

di Sara De Carli

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Sulla carta, c’è ancora una possibilità: il passaggio del Milleproroghe alla Camera, che lo deve licenziare a brevissimo. Nella realtà, tenuto conto del fatto che già in Senato è stata posta la fiducia e che tecnicamente il Milleproroghe non è esattamente il veicolo più appropriato per individuare coperture aggiuntive, le chance di successo sono ridotte al lumicino. Il tetto del 5 per mille così molto verosimilmente resterà fissato a quota 2525 milioni di euro, come oggi. Nonostante il numero crescente di cittadini che nel 5 per mille crede, tanto che già nel 2023 con le loro firme hanno destinato 28 milioni in più rispetto al tetto previsto. Facile quindi prevedere che in primavera, quando l’Agenzia delle Entrate comunicherà i risultati, lo sforamento del tetto non sarà più di 28 milioni: sarà maggiore.

Complessivamente infatti, non ci stanchiamo di ripeterlo, dal 2006 al 2023 lo Stato si è tenuto 483 milioni che i cittadini avevano invece destinato al non profit e a varie attività di interesse sociali. Uno scippo e un tradimento del patto con i contribuenti, che quando firmano sono convinti di destinare integralmente il loro 5 per mille e non una percentuale rimodulata per consentire allo Stato di stare dentro le coperture previste.

Il patto con i contribuenti

Il principio del 5 per mille infatti è questo: lo Stato rinuncia a un po’ delle risorse che arrivano dalla fiscalità generale per dare ai cittadini la possibilità di sostenere attività di volontariato, di ricerca scientifica o di ricerca sanitaria, attività sociali del proprio Comune, di associazioni sportive dilettantistiche, per promuovere la tutela di beni culturali e paesaggistici o di aree protette.

La questione del tetto è esplosa a fine giugno, quando sono stati pubblicati gli elenchi dei beneficiari del 5 per mille 2023 e dopo alcuni anni sulla linea di galleggiamento per l’effetto combinato dell’aumento del tetto e della diminuzione del reddito pro capite, la distanza tra capienza della copertura e firme degli italiani era stata relativa. A giugno però, con quei 28 milioni di euro extra-tetto, le organizzazioni di Terzo settore si sono ritrovate sbalzate indietro nel tempo al 2019, quando la copertura del 5 per mille stava a 500 milioni di euro e le firme invece avevano destinato ben 533 milioni. Nonostante gli aumenti del tetto, dopo soli quattro anni siamo ancora lì, con 28 milioni di euro che gli italiani hanno destinato al non profit e che invece lo Stato trattiene nella fiscalità generale.

La partita per aumentare il tetto

Respinti gli emendamenti presentati in legge di Bilancio 2025 e pure quelli presentati successivamente al Milleproroghe, tutto quel che resta è l’ordine del giorno G/1337/38/1 presentato dalla Lega (Murelli, Tosato, Spelgatti), su cui la sottosegretaria Giuseppina Castiello ha espresso parere favorevole, accolto nella seduta del 13 febbraio.

Fratelli d’Italia si era distinta perché dopo aver presentato in Legge di Bilancio l’emendamento più ambizioso di tutti, chiedendo un aumento del tetto da 525 a 575 milioni (quindi di ben 50 milioni di euro in più), per poi ritirarlo, in sede di Milleproroghe aveva al contrario depositato la richiesta più minimal: non quella di alzare il tetto di 28 milioni, come tutti gli altri partiti, ma di soli 10 milioni. Sembrava una scelta di realismo che aveva fatto ben sperare almeno in un passo parziale per contenere il danno e invece all’avvio della discussione in Commissione il partito non ha nemmeno più inserito l’emendamento tra i “segnalati”. Sugli otto emendamenti presentati, quindi, solo tre sono stati “segnalati” dai Gruppi (gli emendamenti sostanzialmente identici 12.4 di IV, 12.5 del Pd e 12.8 del gruppo Autonomie) e su tutti e tre il Governo ha espresso parere contrario.

Il testo dell’ordine del giorno della Lega

Il testo dell’ordine del giorno approvato, premesso che «in tema di riparto della quota del cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, l’articolo 1, comma 154, penultimo periodo, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, prevede un’autorizzazione di spesa di 500 milioni di euro annui per il periodo 2015-2019, di 510 milioni di euro per l’anno 2020, di 520 milioni di euro per l’anno 2021 e di 525 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022, a prescindere dalle risorse effettivamente rese disponibili» e che «negli ultimi anni, le risorse generate dalle scelte dei contribuenti sono state ben superiori rispetto a quelle effettivamente autorizzate per legge, nell’ordine di circa 28 milioni di euro», impegna il governo «a valutare l’opportunità di  adottare tutte le iniziative di propria competenza finalizzate a prorogare sino al 31 marzo 2026 l’efficacia delle disposizioni di cui all’articolo 9, comma 6, primo periodo, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, in materia di destinazione della quota del 5 per mille di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 luglio 2020, previste per gli enti del volontariato, nonché a disporre l’incremento dell’autorizzazione di spesa destinata al riparto del 5 per mille, di cui all’articolo 1, comma 154, penultimo periodo, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, dagli attuali 525 milioni di euro annui a 553 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica».

Foto di Jungwoo Hong su Unsplash

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