Welfare
Se i contributi finiscono agli amici degli amici
Come vengono spesi i fondi della 328
Un’indagine della Ragioneria dello Stato punta il dito contro gli enti locali: la legge spesso non viene osservata. Gli ispettori parlano di «assoluta discrezionalità». Già mobilitata la magistratura penale e contabile In fondo, si potrebbe dire, sono pur sempre degli interventi personalizzati. A monte, infatti, c’è un’attenta valutazione del caso e una scrupolosa “istruttoria” della pratica. In perfetta sintonia, cioè, con lo spirito della legge quadro sul sistema integrato, la 328, che pone al centro dei servizi sociali i bisogni dei singoli soggetti deboli. L’unico dubbio riguarda i criteri scelti per personalizzare il sostegno. Si tratta dello stato di bisogno oppure, più semplicemente, dell’appartenenza politica o magari soltanto dell’amicizia o parentela con il politico di turno?
A giudicare dai risultati dell’ultimo rapporto sulle indagini svolte dai Servizi ispettivi di finanza pubblica sui bilanci degli enti locali, il criterio della necessità dei richiedenti sembra quello meno impiegato. Le misure di sostegno, scrivono gli uomini di Tremonti, sono gestite il più delle volte «con assoluta discrezionalità da parte degli organi di governo degli enti locali». «Mi manda Picone», insomma, per dirla col titolo del film di Nanni Loy.
Gli ispettori della Ragioneria generale dello Stato hanno passato al setaccio i conti di più esercizi finanziari di alcuni Comuni e Province e, in particolare, le spese per i contributi. Erogazioni in favore di organismi di natura associativa, come enti, organizzazioni di vario genere e fondazioni e, soprattutto, di famiglie, minori, anziani e disabili. L’indagine, è bene precisarlo, non ha un valore statistico: il numero di municipalità controllate infatti è abbastanza limitato: 21. Si tratta, tuttavia, di un segnale d’allarme. Tanto più importante perché lanciato in un momento in cui il morso della crisi e i tagli ai fondi sociali mettono a dura prova il welfare locale. In uno dei Comuni con popolazione fra 50 e 100mila abitanti sottoposti a ispezione, ad esempio, l’ammontare complessivo della spesa corrente per i trasferimenti è passato da 1,2 milioni di euro nel 2003 a 5,6 nel 2007. I nomi delle città coinvolte non sono stati resi noti in quanto «in molti casi», spiegano a Vita gli uffici della Ragioneria, «risultano in corso indagini della magistratura penale e contabile che impongono il mantenimento del segreto istruttorio». I contributi assegnati, inoltre, si caratterizzano per la «rilevanza delle somme stanziate» e «l’assoluta eterogeneità» delle iniziative sovvenzionate. Dalle verifiche è emersa una prassi operativa che «mal si concilia» con l’osservanza delle regole. La concessione di contributi, ribadisce in più punti la relazione, è un’attività «procedimentalizzata» che prevede la fissazione preventiva di criteri oggettivi e l’assegnazione sulla base della «applicazione matematica» dei punteggi. Procedure trasparenti, dunque, che vedano un limitato intervento del potere politico.
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