Cultura
Se i cattolici vanno in mare aperto
"Prendere il largo". E' il titolo di una riflessione destinata a segnare una tappa importante. I credenti si ritrovano uniti nellobiettivo di rilanciare il proprio impegno.
di Redazione
Pubblichiamo un ampio stralcio dall?appello ?Prendiamo il largo! Per una nuova stagione del movimento cattolico in Italia?, promosso da 94 credenti impegnati nell?associazionismo, nel sindacato, nel volontariato e in altre istituzioni sociali ed economiche, per «rilanciare il proprio impegno a servizio del Paese, in un momento così delicato e decisivo». L?appello, nato dal Giubileo e spronato dall?enciclica Novo Millennio Ineunte, che invita a una rinnovata stagione del laicato, propone un percorso per ripartire dalla dottrina sociale della Chiesa e «ridare concretezza a un orizzonte culturale che supporti e orienti il lavoro nel sociale e nel civile». Un documento che vede, dopo molto tempo, riuniti cattolici di diversi orientamenti: da Giorgio Vittadini a Savino Pezzotta, da Luigi Bobba a Luisa Santolini, da Edo Patriarca a Riccardo Bonacina.
Fare i conti con la cultura del post moderno, nel tempo del pluralismo, non significa rassegnarsi, cedere al primo compromesso, ovvero accontentarsi del minimo comune denominatore, quanto piuttosto perseguire con tenacia il massimo storicamente possibile.
Fare i conti con la democrazia, come sistema storicamente più compiuto per la promozione dei diritti dell?uomo, significa fermezza delle convinzioni, certezza della provvisorietà storica anche delle migliori soluzioni, promozione paziente e generosa della crescita del consenso, riconoscimento della gradualità del processo politico, della ineluttabilità di poter talora conseguire soltanto un bene minore o di dover tollerare un male minore, convinti però che il livello del consenso democratico raggiunto è una tappa: esso infatti non misura i valori, ma dice la provvisoria crescita del costume civile intorno a essi e dunque non cessa di sollecitare nuovo impegno e nuovi compiti, nella leale ricerca del bene comune tutto intero, insieme a tutti gli uomini liberi e forti.
Fare i conti con la sempre più invasiva irruzione della dimensione economica nella vita delle persone che vivono oggi sulla Terra non significa accondiscendere alla nuova idolatria che l?accompagna, quasi che a essa debba inesorabilmente sottomettersi la condizione umana. Si tratta invece di sviluppare discernimento e azione. L?economia può essere ricondotta ?al servizio dell?uomo?; la rivisitazione e l?approfondimento della dottrina sociale della Chiesa possono offrire un contributo decisivo per un simile processo.
Fare i conti con le contraddizioni e le incertezze del tempo presente significa, ispirandosi saldamente alle verità assolute, accettare con amore la ?mediazione? storica, con la convinzione che questo tempo e questa terra sono gli unici che ci sono dati da vivere e sono dunque il tempo opportuno nel quale fare pieno uso della ragione, per concorrere a elaborare le migliori sintesi politiche possibili di fini che, pur restando parziali, devono mirare comunque e sempre a dare un volto concreto al bene comune.
Fare i conti con una riaffermazione della democrazia, contro le tentazioni di pericolose scorciatoie che si intravedono nel nostro Occidente, significa perseguire il carattere popolare e diffuso della partecipazione e della politica, che non può essere riservata a élite ristrette. Perciò non solo è necessario difendere e promuovere le istituzioni e gli strumenti (i partiti) della democrazia rappresentativa, pur da rinnovarsi, ma anche operare per dare forma più pregnante e diffusa alle istituzioni della democrazia partecipativa.
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Siamo in un tempo in cui alcuni vorrebbero prescrivere ai cattolici, per entrare nel recinto dell?impegno socio-politico, una sorta di abiura culturale, secondo la quale il cattolico politicamente corretto deve comportarsi «come se Dio non ci fosse». E da alcuni anni molti cattolici si sono talmente abituati a questa nuova condizione di afasia culturale che vedono integralismi dappertutto, sia quando ci sono, sia quando non ve ne è traccia.
Il compito primario dei laici cattolici impegnati nel sociale e nel politico è di alimentare il confronto e il dialogo con tutti gli uomini di buona volontà, alla ricerca di soluzioni condivise, senza mettere la sordina alle proprie convinzioni di fondo in tema di difesa e promozione della vita, famiglia, lavoro, volontariato, educazione, scuola, sanità, welfare, ecc.
La bussola di questo impegno resta ancorata alle tre dimensioni della solidarietà, sussidiarietà e democrazia associativa, coniugate in chiave di senso di responsabilità, in quanto da un lato, alla cultura dei diritti individuali, tanto diffusa in questo momento storico, va affiancata l?etica del dovere e, dall?altro, il necessario dialogo e il discernimento comunitario per la ricerca del bene comune non si realizzano certo annacquando la propria identità. Il crescente bisogno di motivi che orientino il comportamento pratico e la presente domanda di etica ben si prestano a una rinnovata offerta degli orientamenti che provengono dal Magistero e dalla dottrina sociale, coscienti delle sue quattro funzioni chiave: profetica, magisteriale, propositiva ed educativa.
Un compito impegnativo, che necessita di mettersi nella prospettiva della persuasione, riconoscendo la necessità, da parte dei credenti, di un costante ricorso alla ragione, la quale, proprio perché è sempre imbevuta di condizionamenti storici e culturali e dunque anche impregnata di categorie religiose, deve divenire concreto luogo di incontro tra credenti e laici, per il consolidamento di un?etica pubblica condivisa e la costruzione del bene comune nelle vicende mondane.
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