Welfare
Se gli uomini si credono dei
Ettore e Achille sotto le mura di Troia combattono la prima e ultima guerra dell'umanità. Troia è un pretesto, un'invenzione, un gioco.
Le mura di Troia erano di cartapesta. E il sole le divorava senza che nessuno se ne accorgesse. I troiani vi sporgevano il capo in un silenzio prima della storia. E gli achei le osservavano enormi e invalicabili. Ancora non credevano che le avrebbero potute espugnare.
Il momento era esaltante, come quando Giove creò gli Dei. E gli stessi Dei volavano nei loro aeroplanini per non perdersi lo spettacolo dall’alto. Si stava per compiere una sfida mai più dimenticata. E lo scontro aveva il sapore dell’immortalità e, contemporaneamente, del gioco. Era terribile, e già leggenda e immediata memoria per il racconto di Omero. Ettore e Achille si stanno per colpire. Ettore è fatto di carne; sangue; amore. Achille è costruito dentro l’oro; e al posto del cuore ha il caos. Ettore è figlio e padre e marito; è proprietario della sua casa, sarà padrone di Troia quando Priamo morirà. Achille abita la terra di passaggio; sta combattendo mille battaglie in una; è feroce come chi fa l’amore con i cadaveri; non ha patria; ama soltanto gli amici; e per loro pretende di essere il migliore. Ettore è cauto; non desidera morire. Achille vuole la morte per non essere dimenticato. Sono bellissimi. Hanno muscoli modellati, sessi ricurvi nei perizoma, pelle tigrata dal sangue dei rispettivi avversari. Sono così diversi tra loro, eppur sono entrambi eroi. Eroi di una guerra che doveva essere combattuta per forza: affinché gli uomini ricordassero la forza, la crudeltà, la tenerezza, la viltà, la menzogna, l’amicizia, l’amor, la gioia, la morte, il desiderio, la cupidigia, il rancore, l’addio della propria casa, affinché gli uomini ricordassero di essere uomini, pronti a piegarsi al destino, pronti a sconfiggere il destino avverso.
Ettore e Achille, sotto le mura di Troia, stanno combattendo nella prima e ultima guerra dell’umanità. Hanno deciso che la loro vita va immolata al mondo intero. Troia è un pretesto. È una invenzione. È un gioco. Perché nessuno di loro morirà. Vivono. Achille e Ettore stanno sconfiggendo la morte. Le guerre che si sono combattute, in loro assenza, ci hanno lasciato in dote la noia di uomini che si credono Dio. Ridicole guerre! Abbiate almeno il coraggio di distruggere il mondo.
Aurelio Picca:
neoromantico di successo
Nato a Velletri nel 1957, Picca ha debuttato nel 1990 con una raccolta di versi, Per punizione. Il primo racconto è del ’92, La schiuma (ed. Gremese). Si impone all’attenzione della critica e del pubblico con I mulatti (Giunti, ’95) per il suo linguaggio insieme aggressivo e romantico. Il mese scorso ha vinto il Superpremio Grinzane Cavour con il suo ultimo romanzo, Tutte stelle (Rizzoli) per molte settimane nelle classifiche di vendita.
Omero:
alle radici dell’Occidente
Poeta epico greco supposto autore dell’Iliade e dell’Odissea. La sua biografia è leggendaria (sec. VIII-VII a. C.?) e racconta di una vita tra Argo, Atene e Rodi. L’Iliade, 24 libri in esametri, narra un episodio della guerra di Troia che ha per protagonista Achille e la sua vendetta su Ettore che gli uccide l’amico Patroclo.
Da Doninelli a Tabucchi
Per il quarto anno consecutivo “Vita” sta accompagnando le vostre vacanze con un appuntamento settimanale con la lettura, dedicata quest’anno alla guerra e alle sue follie, dopo l’esperienza della guerra in Kosovo. Abbiamo chiesto ai più grandi scrittori italiani di consigliare ai nostri lettori una scelta di grandi pagine della letteratura sulla guerra e di spiegare il motivo dell loro scelta. Come ogni anno gli scrittori italiani hanno risposto con entusiamo.Ha iniziato Luca Doninelli (classe 1956) sul n. 27 con la proposta di un brano di Balzac dedicato a Philippe reduce senza più destino. Sul n. 28 è stata la volta di Raul Montanari (1959) con una pagina shock di Comac McCarthy. Sul n. 29 un grande vecchio della letteratura italiana, Franco Lui (1930) ha riletto Dostoevskij. Sul n. 30 il giovane Guido Conti (1965) ha proposto Erich Maria Remarque. Sul n. 31 Erri De Luca (1950) ha tradotto per noi una poesia di Dylan Thomas e sul n. 32/33 Giuseppe Pontiggia (1934) ha riletto Pavese. Lo scorso numero Eraldo Affinati (1956) ci ha proposto Kurt Vonnegut. E dopo Aurelio Picca sarà la volta di Fontana e di Tabucchi.
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