Immaginate che nelle prossime settimane, in una affollata conferenza stampa a Palazzo Chigi, il premier Berlusconi, il ministro dell’economia Tremonti e quello della Salute, del Lavoro e delle Politiche sociali, Sacconi, presentino l’attesissimo Libro Bianco sul futuro del modello sociale con al centro un programma dal titolo «Servi l’Italia». Vi si annuncia un Servizio civile nazionale dimentico delle ristrettezze e timidezze degli ultimi anni, poi un programma di volontariato ad hoc praticamente per ogni fascia di età della popolazione e su settori decisi direttamente dallo Stato, infine un ricco programma di di “venture capital” per imprese sociali. Il tutto finanziato con uno stanziamento statale pari a 1,5 punti del Pil. I tre, premier e ministri, ragionano di una vera e propria mobilitazione civica necessaria al bene e alla ripartenza del Paese. Berlusconi sottolinea come «la società non è fatta solo dai diritti, ma anche dai doveri». Tremonti ragiona sul fatto che questo investimento di 1,5 punti del Pil ne produrrà almeno il triplo. E Sacconi sottolinea come «la responsabilità verso se stessi, verso la propria famiglia, verso il passato (gli anziani), verso il presente e verso il futuro deve diventare il cuore di una vera e propria strategia di riforma politica». Rimanendo ancora nel campo delle ipotesi, è facile immaginare il dibattito che un tale annuncio susciterebbe nel nostro Paese e tra i nostri lettori.
Ebbene, quanto ipotizzato, e anche di più (leggete con attenzione il servizio di copertina), è contenuto in una legge firmata da Barack Obama lo scorso 21 aprile, significativa sin dal titolo: «Serve America Act». Una legge, che se ha il merito di capire che una ripartenza dell’economia e della società non è possibile senza un forte investimento sul capitale umano e sulle strutture comunitarie capaci di generare fiducia, non può non destare discussioni sul rischio di un volontariato di Stato e di un terzo settore sussunto dentro logiche stataliste e politiche. Gli echi della discussione americana le trovate nelle pagine che seguono, si tratta di una discussione interessantissima perché la scelta di Obama indica un trend globale. Così come di fronte ai disastri prodotti da un mercato più che libero, sregolato, percepito come foriero di mali e garante degli interessi di pochi si invoca lo Stato per salvare banche, aziende e posti di lavoro. Anche di fronte all’egemonia dell’individualismo che mina tutti i patti sociali ereditati dal Novecento, che non siano quelli di sangue e suolo, si invoca lo Stato perché garantisca e investa sulla tenuta e sulla coesione sociale, senza la quale non è ipotizzabile nessuna “Vita buona”. Scacciato e sepolto dal Mercato e dal Privato, lo Stato che batte moneta e non ha paura di aggiungere debito ai debiti, sta tornando come principio regolatore del nuovo ordine mondiale, invocato da destra e da sinistra. Ma attenzione, la fiducia, la responsabilità, la gratuità non le produce nessuna Zecca di Stato. La scelta di Obama ci dà l’occasione di inaugurare una discussione seria su un trend. Anni fa ci si divideva tra sostenitori del “Più Stato meno Società” e quelli del “Più Società meno Stato”, non vorremmo ci si riunisse, senza accorgersi, sotto le insegne di un inedito “Più Società prodotta dallo Stato”.
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