Famiglia

Se è l’Europa a produrre la droga

Campagne contro la droga e ridurre la produzione creando infrastrutture nei paesi esportatori

di Riccardo C. Gatti

Pino Arlacchi, direttore dell?organizzazione Onu per il controllo e la prevenzione della diffusione della droga, ha raggiunto un grande obiettivo. Non è facile riunire su un progetto comune 150 Paesi e 35 capi di Stato. È importante che sia l?Onu, e non semplicemente un gruppo di nazioni, ad assumersi un simile compito. Per ora sembrerebbe esserci un accordo comune su come ridurre la produzione di droga nei Paesi poveri: convertire le coltivazioni oppure fornire infrastrutture in cambio della distruzione delle coltivazioni stesse. Si tratterebbe, quindi, di dare possibilità di sopravvivenza o di benessere alternativi a quelle indotte dalla produzione di droga. Sui mezzi per indurre la ?riduzione della domanda? nei Paesi ricchi le cose non sono altrettanto chiare. Clinton punta sui media e stanzia due miliardi di dollari per una campagna informativa indirizzata ai giovani ma non parla di ?riabilitazione? mentre insiste sulla repressione. Prodi punta sullo sviluppo dei servizi pubblici e privati e definisce ?inefficace? la repressione quando peggiora la situazione di chi si droga, aumentando la sua emarginazione. E gli altri 33 capi di Stato, i rimanenti 148 Paesi, che ne pensano? Probabilmente ciascuno ha la sua idea. Il dibattito di questi giorni, inoltre, porta luce su un problema forse non sufficientemente analizzato dai media. I dati sul consumo di stupefacenti che l?Onu ha reso pubblici, sintetizzano la domanda mondiale di droga in «8 milioni di eroinomani, 13 milioni di cocainomani, 140 milioni di consumatori di marijuana e hashish e 30 milioni di consumatori delle droghe sintetiche». I consumatori di droghe pesanti nel mondo si dividono perciò in 21 milioni di consumatori di droghe di origine naturale e 30 milioni di consumatori di droghe sintetiche (già oggi, 9 milioni di più). Questo senza considerare più di 25 milioni di persone che, secondo la stessa fonte, sarebbero consumatori di allucinogeni, probabilmente più sintetici che naturali. Facendo queste considerazioni ci accorgiamo che la distinzione tra Paesi produttori (poveri) e Paesi consumatori (ricchi) incominciano a farsi più labili. Nell?Europa occidentale, ad esempio, c?è una buona produzione di droghe sintetiche anche se i Paesi dell?Est stanno ?investendo? in questo settore. È perciò, evidente che la politica Onu dovrà essere attenta e bilanciata per non favorire, semplicemente, un mercato rispetto all?altro. L?esito della iniziativa di Arlacchi non dipende soltanto da lui e dalla organizzazione che dirige. Quale effettivo livello di attenzione, avranno intenzione di dare al problema della diffusione delle droghe le nazioni Onu? Quali sinergie riusciranno a costruire anche per il contenimento della domanda interna? Difficile rispondere anche analizzando, semplicemente, la situazione del nostro Paese dove il ?problema droga? non sembrerebbe essere, in questo momento, una vera priorità. L?iniziativa dell?Onu sta, comunque, producendo dei risultati immediati: risveglia coscienze e attenzioni che, su questo problema, sembravano sopite da tempo.


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