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Se ascoltassimo la lezione della storia

Tanti nostri antenati si sono trovati nelle condizioni di questi ragazzi. E furono decisivi per il benessere dei Paesi in cui arrivarono...A cura di, Paolo Branca

di Redazione

Nella prima metà del secolo scorso (sembra di parlare di un passato remoto, ma i nostri genitori erano già grandi a quel tempo) si calcola che circa 50 milioni di europei emigrarono in altri continenti. Una buona parte di loro erano italiani. Non furono sempre accolti con simpatia, anche per motivi religiosi. Erano cattolici, vale a dire ?papisti?, arretrati perché provenienti da un Paese ancora prevalentemente agricolo, in gran parte analfabeti? Ai protestanti anglosassoni dell?America del Nord o dell?Australia sembravano dei primitivi. Neppure nelle vicine Svizzera e Germania le cose andarono molto meglio.

Ci volle del tempo perché si superassero molti pregiudizi nei loro confronti. Talvolta la diffidenza che incontrarono non fu del tutto ingiustificata: forme di criminalità organizzata si diffusero tramite alcuni di essi anche oltreoceano. Questo significa forse che le discriminazioni di cui furono oggetto siano state legittime? Ciò che è comprensibile in taluni casi non può mai diventare giustificabile in generale.

E' una lezione che avremmo dovuto imparare sulla nostra pelle, ma si fa presto a dimenticare. Certe parentele scomode si finisce per cancellarle, specialmente dopo che si è raggiunto un determinato grado di benessere. Ma, insieme all?acqua sporca, rischiamo di gettare via anche il bambino. La vita sacrificata di intere generazioni che hanno contribuito allo sviluppo di tanti Paesi diventerebbe così solo un imbarazzante incidente di percorso, un danno collaterale che sembra fastidioso e di cattivo gusto riportare alla mente. D?altra parte,le cose sono cambiate troppo in fretta: nel giro di pochi decenni, da Paese di emigrazione siamo diventati meta di una crescente immigrazione.

E' del tutto naturale che la cosa ci spaventi. Il modo in cui tale fenomeno si sta sviluppando non è certo sempre il migliore. Più che realmente gestito, ci sembra una specie di evento atmosferico che ci ritroviamo a dover subire passivamente. è giusto pretendere che chi deve regolamentarlo lo faccia con saggezza e con rigore. Ma ricordare che non molto tempo fa eravamo dall?altra parte della ?barricata? potrebbe stimolarci a considerare soprattutto il lato umano di quanti approdano sulle nostre sponde. Al di là delle differenze di lingua, mentalità e fede religiosa (che ci sono e non vanno sottovalutate) si tratta nella maggior parte dei casi di persone che cercano soprattutto condizioni di vita migliori, un lavoro dignitoso, la libertà di poter decidere del proprio futuro? Non sempre trovano quello che cercano. Ma quando ci riescono provano in genere un profondo senso di gratitudine.

Alla parte migliore di loro, che condivide con noi i medesimi timori e le stesse speranze, dovremmo dare maggiore attenzione, nel nostro stesso interesse. Una volta che avremo fatto gli uni verso gli altri almeno qualche passo, molti ostacoli che ora ci sembrano insormontabili probabilmente si ridimensioneranno. Resteranno sicuramente alla fine differenze irriducibili. Anche queste fanno parte della vita. Se pensassimo soltanto a queste, i nostri stessi rapporti familiari diventerebbero insopportabili. Senza un minimo di fiducia negli altri, nessuno di noi si azzarderebbe persino ad attraversare la strada? neppure col semaforo verde.

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