Mondo

Se anche Obama punta sulle cooperative

Editoriale

di Giuseppe Frangi

Questo numero di Vita, com’è consuetudine da qualche anno ad agosto, è un numero monotematico: abbiamo voluto ragionare, con interlocutori di prestigio e con giornalisti capaci di raccontare quel che abitualmente i grandi media non vedono, su come potrebbe essere il mondo che sta cercando di uscire dalla grande crisi. Sarà un mondo che perpetua gli stessi difetti che lo hanno portato nel tunnel, o sarà un mondo capace di mettere in atto alcuni cambiamenti che la crisi stessa ha evidenziato come improrogabili? Anni fa negli ambienti no global, oggi purtroppo svaporato, girava un bellissimo slogan: “un altro mondo è possibile”. Quello slogan andrebbe attualizzato, un altro mondo non solo è “possibile”, ma è soprattutto “necessario”. Certo, per realizzarlo non bastano gli slogan, sia pur belli. Ci vuole intelligenza, coraggio, capacità di costruzione. Il mondo che esce dalla crisi non sarà diverso e migliore come per un incanto, ma perché che ci sta dentro, chi lo vive a tutti i livelli avrà avuto voglia di lottare. Fuori da quest’ipotesi il sistema è destinato a richiudersi a tenaglia, a perpetuare le solite logiche e a garantire l’avidità del vecchio sistema: il rialzo delle borse di questi ultimi mesi, ad esempio, è spia del fatto che i miliardi di dollari prestati dai governi alle banche per fermare la recessione sono finiti in investimenti finanziari anziché nel credito alle imprese.
Ne sa qualcosa Barack Obama, alle prese in questo momento delicatissimo della sua presidenza, con la riforma chiave, quella sanitaria. In un intervento molto battagliero il presidente americano ha accusato le grandi compagnie assicurative di ostacolare la riforma per difendere i loro interessi. «Da un’indagine, tra il 2004 e il 2007 risulta che le società assicuratrici avevano discriminato più di 12 milioni di americani che avevano malattie o disturbi già in atto, rifiutandosi di stabilire loro una polizza o facendo pagare loro un premio più elevato. Noi metteremo fine a questa pratica», ha scritto in un durissimo editoriale Obama. Quei 12 milioni di americani vanno ad aggiungersi agli altri 46 milioni che oggi non hanno nessuna copertura sanitaria e che la riforma si propone di proteggere. Di fronte all’ostruzionismo e agli attacchi degli interessi forti, il ministro della sanità di Obama, la cattolica Kathleen Sebellius, ha giocato la carta della società civile. Ha lanciato un'”opzione non profit”, basata su cooperative che cominciano con denaro pubblico ma che poi vengono gestite autonomamente dai soci. E che si pongono come alternative, sul piano del mercato all’assicurazione privata. Insomma una strategia che obbedisce a un principio di libera concorrenza. Nella pratica, la soluzione delle cooperative dovrebbe servire allo stesso obbiettivo dell’ipotetico organo pubblico, contestatissmo dagli oppositori della riforma che temono un aumento delle tasse: costringere, offrendo una concorrenza forte, le compagnie assicurative americane a ribassare i prezzi delle loro polizze. E a catena costringere le cliniche e le case farmaceutiche a ribassare i prezzi altissimi delle prestazioni e dei farmaci.
È un segnale importante per tutti. Speriamo che sia foriero di un mondo globalmente diverso.

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