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Se anche l’Europa si dimentica la scuola
Sul fronte educativo anche Bruxelles latita: una recente comunicazione a cura della Commissione si limita a prendere atto dei tempi di chiusura delle scuole nei vari Paesi, a complimentarsi per come gli insegnanti abbiano saputo adattarsi rapidamente ai cambiamenti tecnologici, mostra preoccupazione per il fatto che esami e certificazioni non saranno realizzabili adeguatamente, ma non fornisce adeguate linee guida. L’educazione sembra non avere alcun rilievo ed essere uscita dalle agende nazionali ed internazionali
È negli obiettivi di qualunque sistema formativo il definire quale tipo di cittadino andrà a formarsi attraverso il processo di educazione ed istruzione. Nei Paesi dell’Unione Europea gli artt. 126 e 127 del Trattato di Maastricht hanno chiarito che il settore dell’istruzione e della formazione è di esclusiva responsabilità degli Stati membri e non è, pertanto, materia di competenza della politica comune europea. D’altra parte, fin dagli anni 90 si è lavorato a livello sovranazionale per rafforzare la cooperazione in questo settore, ritenuta fondamentale per far fronte alle sfide comuni che l’Europa deve affrontare. Per venire a tempi più recenti, basti pensare che, in risposta agli attacchi terroristici e al violento estremismo e per riaffermare la determinazione a restare uniti e sostenere i valori fondamentali che stanno a cuore all’Unione europea, i Ministri dell’istruzione dell’UE e l’allora Commissario europeo delegato, Tibor Navracsics, hanno adottato nel 2015 la Dichiarazione di Parigi: Declaration on promoting citizenship and the common values of freedom, tolerance and non-discrimination through education.[i] La Dichiarazione, come esplicita il titolo, mira alla promozione della cittadinanza europea e dei valori comuni di libertà, tolleranza e non discriminazione proprio attraverso l’istruzione.
L’attuale situazione, venutasi a creare a seguito della pandemia degli scorsi mesi, non sembra essere stata altrettanto produttiva, almeno sul piano degli impegni presi dall’Unione in ambito educativo. Ad esempio, una recente comunicazione a cura della Commissione si limita a prendere atto dei tempi di chiusura delle scuole nei vari Paesi, a complimentarsi per come gli insegnanti abbiano saputo adattarsi rapidamente ai cambiamenti tecnologici, mostra preoccupazione per il fatto che esami e certificazioni non saranno realizzabili adeguatamente, ma non fornisce adeguate linee guida. Il COVID in alcuni momenti ci ha fatto riscoprire la cittadinanza e la solidarietà ma in altri ha stabilito priorità soltanto in base all’emergenza e così l’educazione sembra non avere alcun rilievo ed essere uscita dalle agende nazionali ed internazionali.
Il sito ufficiale dell’UE, nel documento intitolato The common EU response to COVID-19 [ii] chiarisce che la priorità nella risposta comune europea viene data agli aspetti sanitari e quelli economici . Nel cosiddetto “decreto rilancio” appena emanato dal governo italiano, per quanto riguarda la scuola la logica è tutta emergenziale e non ci sono piani e risorse che superino il 31 dicembre di quest’anno.
D’altra parte, la crisi dell'istruzione, sia immediata che a più lungo termine, sta mettendo in difficoltà numerosi giovani, in particolare i più svantaggiati. Un cittadino istruito è un cittadino consapevole, rispetto all’ambiente in cui vive, alla giustizia sociale, ai diritti umani, al lavoro dignitoso. Oltre alla soddisfazione dei bisogni immediati, questa è un'opportunità per ripensare l'istruzione, espandere l'apprendimento a distanza e rendere i sistemi di istruzione più resilienti, aperti e innovativi" scrive recentissimamente l’Unesco (2020). Si stima che attualmente al mondo ci siano 757 milioni di adulti, inclusi 115 milioni di giovani, che non siano in grado di leggere o scrivere una semplice frase, 2/3 dei quali donne (UNESCO, 2017) e rispetto alla crisi imposta dalla pandemia, i documenti prodotti dal C20, il gruppo della società civile che partecipa al G20, mette in luce che rispetto all’educazione i leader globali devono cogliere la crisi dell’istruzione come un'opportunità .
Ed è proprio l’idea di educazione, che ha bisogno di essere radicalmente rivista: intanto tenendo conto di quegli aspetti che una volta erano solo affidati al buon senso o alla didattica unidirezionale. Una buona maestra è sempre stata autorevole, ma anche colta e comprensiva, così come oggi, secondo l’UNESCO (2015), gli obiettivi nell’educazione devono essere cognitivi, socio-emotivi e comportamentali.
Ma l’educazione deve in primo luogo essere ACCESSIBILE. Alina, una ragazza BES di quasi 18 anni mi confessa, davanti ad una pagella con svariati 3 e 4, a causa del fatto che ha partecipato in maniera discontinua alle lezioni: “mi sono perduta, non mi sembravano vere lezioni e poi la connessione saltava in continuazione e quindi, anche quando non saltava, non sembrava così importante che io partecipassi”. Eva invece, alle prese con una dissertazione per la maturità scientifica sul concetto di relatività, mi racconta affannata: ”mi hanno insegnato a scrivere un tema, a fare un’equazione, ma non a parlare di come si possa trattare in modo divulgativo un tema scientifico complesso”.
La nuova scuola ha dunque bisogno di insegnanti, che accompagnino i ragazzi nei loro percorsi, un e-ducere compatibile con un e-learning e con percorsi di mediazione nel processo di apprendimento di una società complessa e connessa.
I dirigenti scolastici in questo hanno un compito che si deve, più che mai, adeguare all’epoca. L’autonomia, conquista relativamente recente, deve portare a focalizzare meglio la posizione della scuola nel territorio, deve connetterla in modo sistemico alle dinamiche locali, ma con un occhio inevitabile al globale. La scuola può e deve essere coinvolta in pianificazioni, che si impegnino al recupero dello svantaggio educativo determinato da luogo di urbanizzazione; deve occuparsi di distribuzione educativa, in collegamento con la pianificazione territoriale, altrimenti le scuole non riapriranno più.
Il Ministero dell’Istruzione può e deve, dunque, in quest’epoca, dedicare più spazio alla ricerca, alla sperimentazione, formando i suoi insegnanti e non lasciandoli allo sbaraglio, davanti a compiti come quello della didattica a distanza, della digitalizzazione e della cittadinanza globale, sulle quali ben pochi sono formati. Le competenze digitali sono parte inscindibile di competenze del cittadino globale. Per entrambi i percorsi è inoltre necessario un collegamento strategico tra soggetti istituzionali a più livelli. La nuova legge sull’educazione civica può fornire esattamente quello spazio di sperimentazione sia per gli insegnanti, sia per i ragazzi, sia per i dirigenti scolastici, sia per le famiglie, sia per le associazioni, le cui competenze vengono indicate come importanti e necessarie allo sviluppo delle attitudini di un cittadino, soprattutto in epoca globale.
Il sito ufficiale dell’UE, nel documento intitolato The common EU response to COVID-19 [ii] chiarisce che la priorità nella risposta comune europea viene data agli aspetti sanitari e quelli economici
C’è da ultimo, una buona notizia recente, che può confortarci su questa strada. Dopo oltre due anni di attesa il Comitato Interministeriale per la Cooperazione allo Sviluppo ha approvato la Strategia Nazionale per l’Educazione alla Cittadinanza Globale (ECG). Alla redazione della strategia ha collaborato un gruppo di lavoro multi-attore costituito dal Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, l’Agenzia Italiana Cooperazione allo Sviluppo, le 3 reti di Ong Aoi, Cini, Link 2007 in collaborazione con Concord Italia, il Ministero dell’Istruzione e Ricerca, il Consiglio Nazionale Cooperazione Allo Sviluppo (CNCS), il Ministero dell’Ambiente, l’Alleanza per Lo Sviluppo Sostenibile (ASVIS), l’ ANCI, le Regioni e Province Autonome, l’Agenzia Nazionale Giovani, le Università.
La strada da percorrere è questa: società civile, istituzioni, culturali ed educative, ambientali, giovanili, ma soprattutto le persone, in base al ruolo che ricoprono nella società, dall’alunno al ministro, senza differenza di origine culturale, di classe sociale ed economica, di genere possono disegnare, confortati dalla strategia, piani d’azione, a livello locale e nazionale, per rendere concreto ed efficace un percorso, anzi l’unico percorso, che potrà farli sentire attivi, di fronte alle difficoltà, che incontreranno nell’essere cittadini consapevoli e sani, nel senso lato del termine.
[i] https://ec.europa.eu/assets/eac/education/news/2015/documents/citizenship-education-declaration_en.pdf
[ii] https://europa.eu/european-union/coronavirus-response_en
*vicepresidente Cipsi
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